In Sesto Potere

E a te, se sei rimasto con Harry fin proprio alla fine: sulla riscrittura seriale del maghetto di J.K. Rowling

di Giovanni Morese

“After all this time?”

“Always”.

L’iconico Hedwig’s Theme di John Williams risuona, le nuvole si addensano. Un castello illuminato dal tramonto settembrino si intravede dietro ad un logo scintillante, inconfondibile. È il logo del reboot seriale di casa Hbo Max – rinominata, in occasione dell’unione tra Warner Bros. Television e Discovery, semplicemente Max – di Harry Potter.

Harry è tornato. Esattamente come aveva fatto la sua nemesi, letteraria prima e cinematografica poi. Eppure, in questi dodici anni di assenza dal grande schermo, il suo nome lo abbiamo sentito pronunciare, senza timore alcuno, in ambito cinematografico, ludico, letterario, teatrale, perfino sociale. La fame di Harry Potter i fan della generation Z l’hanno trasferita a quella Alpha senza che ci fosse bisogno di reinterpretazioni, riscritture o rivisitazioni. La storia del maghetto di Hogwarts ha semplicemente continuato ad appassionare grandi e piccoli con l’ausilio di tutti i media di cui usufruisce. Tutti, è fondamentale precisarlo, figli di un franchise che ha fatto dell’iconografia cinematografica il motivo del suo successo tanto quanto, e osiamo dire ancor di più, della controparte letteraria. Non a caso il progetto di Fantastic Beasts, nato come uno spin-off e proseguito fallimentarmente trasformandosi in uno strampalato prequel, ha avuto come obiettivo quello di proseguire le storie del rinomato Wizarding World attraverso cineprese ed effetti speciali, lasciando così in disparte la carta e l’inchiostro. E questo, la Warner lo sa benissimo. Lo sa talmente bene da scegliere l’estetica dei film per presentare una storia serializzata che dovrebbe sostituirsi alla sua trasposizione precedente. Una storia, quella della Rowling, che in realtà ben si presta alla narrazione televisiva. Si potrebbe dire, addirittura, che il piccolo schermo sarebbe stato fin dall’inizio il medium più adatto a riscrivere in maniera efficace la complessa trama intessuta dalla scrittrice inglese dai primi anni Novanta a fine anni Duemila. In fondo, ricordiamo ancora lucidamente – e forse con un barlume di dolce infantilità – le ingiurie verso il regista “mestierante” delle ultime pellicole David Yates, oppure la superficialità con cui il capitolo dell’oggi pluripremiato Cuarón ha trattato la storyline incentrata sui Malandrini, per non parlare delle deludenti svolte teen di un Half-Blood Prince che tutto sembra voler fare fuorché trasporre attraverso l’audio-visivo il cuore pulsante di uno dei volumi più riusciti della saga libresca. Eppure no, questo non basta per giustificare la visione e l’intento di questo nuovo progetto decennale. Soprattutto – è importante sottolinearlo – se vincolato dal peso di un immaginario che limiterà la libertà artistica di chi dovrà occuparsi di convertire in series un fenomeno editoriale ancora nel pieno della sua fioritura e da sempre affiancato da un blockbuster capace di risollevare perfino le sorti del cinema post-covid con l’ennesima distribuzione del suo primo film targato 2001. Con tutte le modalità e i linguaggi a nostra disposizione per poter godere della magia potteriana, una struttura seriale basata sull’emulazione del passato non solo rischia di risultare povera dal punto di vista strutturale, bensì di ingannare anche chi queste vicende ha amato leggerle ed ammirarle sul grande schermo. Per quanto dare giustizia alla vera origin story di Tom Riddle possa, quindi, far sognare ad occhi aperti i fan più puristi, non possiamo dopotutto non giungere alla conclusione che tale esperimento contraddica i principi fondanti della serialità. In cosa trasformeremo le serie tv, se queste non potranno più nutrirsi di plot twist inaspettati e dell’hype crescente verso il season finale? Crediamo davvero che quella che già sembra essere diventata una nuova tendenza di chi detiene i diritti di saghe che solo fino a qualche anno fa si sono scontrate al box office sia il giusto modo di riportare in auge universi narrativi amati così incondizionatamente ancora oggi? Noi, che siamo già rimasti con Harry fin proprio alla fine, saremo pertanto disposti a farlo di nuovo? Lo scopriremo, quando miriadi di gufi giungeranno a Privet Drive, un ragazzino occhialuto incontrerà un gigante buono con una magica lettera in mano e la lotta tra the boy who lived e colui-che-non-deve-essere-nominato sarà pronta per essere raccontata, ancora una volta.