In Tu con Zero - Le interviste

Gli incontri di Lettera Zero: Cinzia Tani – “Angeli e carnefici”

(trascrizione della videointervista del 22 aprile 2021)

Vito Santoro: Angeli e carnefici rappresenta un ulteriore tassello in quella storia delle donne che libro dopo libro Cinzia Tani sta creando. Lo fa attraverso due binari di scrittura: uno è quello del romanzo storico che vede delle donne come protagoniste e l’altro quello delle biografie femminili, testi in cui Cinzia Tani dimostra le sue grandi abilità di narratrice dal momento che unisce la ricerca scientifica, la ricca documentazione e la narrativa agli strumenti che solo la letteratura può dare.

Con Angeli e carnefici siamo di fronte a ventidue biografie, ventidue donne che sono divise in coppie. La caratteristica principale è che in ognuna di queste coppie ritroviamo un angelo e una carnefice, che spesso condividono sia l’anno che il luogo di nascita. Questo perché alla base di questo libro c’è un interrogativo: quali sono gli elementi che finiscono per determinare un comportamento umano? Il luogo, la famiglia? Cosa c’è dunque dietro le azioni più turpi e dietro quelle più nobili? Ecco questo è un po’ l’interrogativo che percorre tutto il libro. Ci troviamo di fronte ad una serie di ritratti molto interessanti in cui Cinzia Tani mostra tutte le sue abilità.

Ogni capitolo è strutturato nel seguente modo: c’è un corsivo di presentazione, un Io narrante che entra nella mente del personaggio in questione attraverso quella meta-psicosi che la letteratura è in grado di produrre e poi abbiamo il racconto del personaggio, o quelli che sono i suoi rapporti personali e con l’ambiente, facendo ricorso ad una ricca mole di documenti. Il libro gode, infatti, di una ricchissima bibliografia internazionale e degli strumenti della narrativa: la scrittrice utilizza il discorso diretto quando necessario e gli effetti di tensione per tenere il lettore avvinto al libro.

Angeli e carnefici è un libro di oltre quattrocento pagine che si legge con piacere, con grande rapidità e grande curiosità perché introduce molte riflessioni nuove oltre ad un gran numero di interrogativi. Inoltre, molte delle persone presenti nel libro, sono personalità che hanno ispirato il mondo del cinema, pensiamo ad esempio ad Isadora Duncan e il suo film con Vanessa Redgrave, o al film La fiamma del peccato con Ruth Snyder. Ci troviamo, quindi, di fronte ad un libro estremamente prezioso con cui Cinzia Tani riesce a raccontare la storia, entrare nei personaggi e fare della storia una vera e propria narrazione, questa è senza dubbio un’attività pluriennale di Cinzia Tani particolarmente riuscita.

Cinzia Tani: Per questo libro sono partita da un desiderio e uno studio, mi sono chiesta: “Noi siamo figli dei nostri géni, ovvero dei géni che ereditiamo dai nostri genitori? Oppure siamo figli dell’ambiente in cui viviamo, dell’educazione che ci hanno dato?”. Per questo motivo ho fatto un lungo elenco di donne eccezionali e ho cercato di abbinarle con la nascita nello stesso anno a delle spietate assassine. Alla fine sono riuscita a trovare undici coppie in cui una si è rivelata una stella nella musica, nella scienza, nella politica e nell’arte e l’altra invece si è rivelata un’assassina. Questo per porre al lettore una domanda: “Come mai secondo voi questa donna ha sviato e l’altra ce l’ha fatta?”. Si è rivelato un modo con cui approfondire la storia delle donne in modo un po’ diverso, cercando sempre di colmare dei vuoti nella storia della narrazione del femminile.

Vito Santoro: Una delle caratteristiche di questo libro è la scelta della letteratura, entrare nella testa di figure come Rosa Luxemburg e Hannah Arendt, figure eccezionali, ma al tempo stesso comprendere anche le assassine più spietate. Come ha pensato dunque a questo tipo di esercizio?

Cinzia Tani: Come già ha anticipato, io alterno i romanzi storici alla bibliografie femminili. Per quanto riguarda i romanzi storici sono una scrittrice un po’ particolare, dico sempre di essere una scrittrice con i piedi nel senso che vado a fare dei lunghi sopralluoghi nel posto in cui è ambientato il romanzo per cogliere i sapori, i profumi e le atmosfere. Ho infatti scalato il Perito Moreno, un ghiacciaio in Patagonia, per il libro Il capolavoro. Qui la mia protagonista era una guida su questi ghiacciai, sono stata spesso in Australia, in Alaska. Invece per quanto riguarda le biografie, come si vede dalla bibliografia finale, io leggo tantissimi libri e vedo tantissimi libri perché voglio entrare nella vita del personaggio e ne voglio parlare in un modo anche un po’ cinematografico raccontando le scene, non voglio scrivere una biografia noiosa con date, luoghi ecc. Voglio che si senta la donna, la si veda fare i primi passi da bambina: che genitori aveva? erano affettuosi? Il padre era violento, un alcolista? Era bella, brutta, accettata a scuola? Si è innamorata, non lo ha fatto? Tutto questo per me è molto importante per entrare nella testa della donna di cui parlo e poterla raccontare. Ci sono naturalmente molti discorsi diretti che spesso non ci sono nella biografie: io li ho cercati nelle lettere, nelle autobiografie, nelle confessioni; ho cercato dunque qua e là dei dialoghi che potessero snellire il racconto della biografia perché non vorrei mai che un racconto sia noioso: a me piace il racconto che si legge tutto in un fiato, almeno quello della coppia. Molti lettori mi hanno detto di non riuscire a leggere soltanto la biografia della stella ma di doverla sempre associare all’assassina in modo tale da poter fare dei confronti.

Vito Santoro: Un aspetto che colpisce molto è che nel libro le donne positive, ovvero gli Angeli, hanno tutte una caratteristica: sono tutte estremamente volitive. Si vede, dunque, la capacità della donna di superare tutte le difficoltà anche le più estreme. Abbiamo tutte le donne più rivoluzionarie: Rosa Luxemburg e la filosofa Hannah Arendt che poi viene sottoposta ad una serie di attacchi per la sua partecipazione al processo Eichmann , la pasionaria spagnola Dolores Ibàrruri. O pensiamo al film Anna dei miracoli  ispirato alla storia vera della Helen Keller, produzione italiana. Questo aspetto è evidenziato anche nella prima pagina del libro con le dichiarazioni delle varie donne poste a mo’ di epigrafe: la donna è capace di affrontare molto più dell’uomo le difficoltà più estreme.

Cinzia Tani: Questo è giustissimo, nel senso che non me ne sono resa conto scrivendo ma poi, alla fine, ho capito che c’era un filo conduttore che unisce tutte le storie degli angeli e forse è proprio questo che manca alle altre donne. Le donne “stelle”, gli Angeli, hanno avuto quasi tutte delle enormi difficoltà iniziali, innanzitutto economiche: Isadora Duncan era poverissima, seguita dalla madre, dormiva persino nel parco di Londra sulle panchine e cercava degli ingaggi per andare a ballare nelle case delle signore ricche per avere dei soldi. Greta Garbo: un padre alcolista, la pasionaria spagnola figlia di minatori cresciuta in un paesino, quando le sono nati i figli non aveva nulla da far mangiare loro, neanche il latte. Sono donne che hanno sofferto all’inizio ma avevano una passione, le politiche avevano una passione ideologica quindi politica: Hannah Arendt aveva la passione per la filosofia e in più era ebrea perseguitata; Billie Holiday aveva la passione per il canto, anche lei poverissima, e ha dovuto prostituirsi da ragazzina; la pasionaria spagnola una passione politica, Rosalind Franklin una passione scientifica, Tina Modotti una passione artistica. Si tratta dunque di donne che hanno superato gli ostacoli per la loro passione. Sono state aiutate dalla loro passione, cosa che però non è successo alle assassine. Queste ultime donne spesso emarginate, bistrattate, con genitori severi che spesso dicevano “sei cosi brutta che non ti prenderà mai nessuno”. Si tratta di donne che non hanno avuto una strada e hanno introiettato questa rabbia che poi le ha fatte esplodere.

Vito mi hai ricordato uno sceneggiato di quando ero piccolissima, Anna dei miracoli: quel film è stato trasmesso alla Rai con Anna Proclemer e Cinzia De Carolis. Una storia che non ho mai dimenticato: Helen Keller, bambina cieca, muta e sorda. Vuol dire che lei non aveva nessuno strumento per realizzarsi eppure diventa una grande scrittrice e conferenziera, viaggia in tutto il mondo, diventa un’attivista per i diritti dei disabili, una donna eccezionale.

Vito Santoro: Tra le altre cose in epigrafe c’è una frase di Rosalind Franklin “Sono disposta a vivere in modo ancora più primitivo se fosse necessario a preservare la mia libertà”. Frase che sottolinea la necessità di questa donna di combattere a tutti i costi e andare necessariamente avanti. La scelta di procedere per coppie ha portato in evidenza delle esclusioni.

Cinzia Tani: All’inizio avevo fatto un lungo elenco di donne eccezionali e volevo inserirne alcune ma non trovavo il corrispettivo. Non trovavo l’altra donna nata nello stesso anno e che fosse una malvagia e quindi c’è stato un momento in cui ho detto “c’è soltanto un anno di differenza, magari imbroglio e cambio l’età all’assassina tanto nessuno se ne accorge perché le assassine sono meno conosciute”. Alla fine però non l’ho fatto e per questo ho lasciato perdere alcune donne che mi sarebbe piaciuto raccontare, tra queste Maria Montessori.

Vito Santoro: Infatti la presenza italiana è abbastanza minima nel libro.

Cinzia Tani: C’è anche un motivo: devo dire che anche quando scrissi Assassine la presenza italiana non era così evidente. Questo perché secondo me la biografia in Italia non ha avuto quel successo, non ha quella tradizione che ha per esempio nei paesi anglosassoni dove le biografie sono fondamentali. Anche per scrivere queste storie ho trovato pochissimo materiale biografico in Italia, magari su Isadora Duncan c’è un libro, su Tina Modotti c’è qualcosa ma sulle altre pochissimo. In America e in Inghilterra ho trovato invece tantissimi libri su queste donne, libri che mi hanno permesso di fare dei confronti. Per cui anche quando ho scritto Darei la vita, il libro precedente a questo sulle donne, della moglie di Verdi o dell’amante di Puccini io ho trovato in Italia pochissimo materiale nonostante fossero italiane.

Vito Santoro: Un’altra cosa: la descrizione delle donne assassine non può che finire col prevalere rispetto a quella delle donne positive, questo naturalmente perché il delitto crea molto più fascino. Giusto?

Cinzia Tani: Questo mi è stato detto da alcune lettrici prima ancora che il romanzo uscisse. “Preferisco leggere prima le storie delle assassine perché mi interessa maggiormente il lato oscuro della psiche umana”. Ed a queste ho risposto: “Guardate che non è così perché se voi leggete gli angeli non è che sono tutte storie buoniste, anzi. Queste donne-angelo hanno avuto dei punti neri nelle loro vite: Billie Holiday, ad esempio, è stata prostituta, era alcolizzata e drogata, si è scelta sempre uomini violenti, ha avuto una vita veramente complicata. Queste donne sono state veramente fallimentari dal punto di vista sentimentale, hanno avuto una marea di uomini ma mai quello giusto. Tina Modotti ha avuto come amanti tutti i dirigenti del partito comunista, la Ibárruri, la “pasionaria”, un’icona per il partito comunista si perde alla fine con un ragazzo molto più giovane di lei, viene criticatissima e quando lui la lascia lei si vendica anche in modo abietto, Greta Garbo aveva un carattere impossibile, tanto che alla fine si chiude nei bunker, non vuole essere seguita, ripresa, fotografata e intervistata e alla fine lascia addirittura il cinema. Tutte queste donne che sono riuscite a realizzarsi, quindi, non hanno una vita lineare e semplice. Pensiamo anche alle morti: Isabella Duncan alla fine si strangola con la sciarpa che rimane impigliata in una ruota della Bugatti in cui era appena salita, Tina Modotti, dopo una vita pazzesca, tra la guerra civile spagnola e il suo ruolo da spia in Russia, esce da una casa in cui c’è una festa, sale su un taxi e muore nel taxi, tanto che l’autista si accorge che sia morta e non capisce come mai. Non sia, in sostanza, di fronte a storie di vite semplici, bensì a vicende intrecciate.

Vito Santoro: Difatti si nota abbastanza chiaramente già, a mio avviso, dalla copertina poiché la foto della Dunkan vista da lontano pare quella di un ritratto di una figura negativa, come se volesse palesarsi come l’emblema di un chiaroscuro che poi si ravvisa un po’ in tutto il libro.

Cinzia Tani: Questo l’ho notato anche io. Quando mi è arrivata la copertina, scelta dall’editore, io ho detto: “Ma guarda, avranno trovato la foto di una delle assassine. Poi, quando mi sono resa conto che era Isabella Dunkan, che vediamo sempre in un altro modo, con questi veli, ho capito che avevano scelto un viso accostabile ad entrambe le cose e questo è giustissimo proprio perché io non divido il male e il bene con un’accetta, poiché nelle esistenze degli angeli ci sono stati episodi oscuri così come in quelle delle carnefici ci sono stati eventi positivi, con amori e successivi figli, ed effettivamente la copertina inquadra in maniera calzante il romanzo.

Vito Santoro: Ora una domanda alla Cinzia Tani professoressa della Sapienza: nei tuoi corsi di “Storia sociale del delitto” che hai impartito per un certo periodo, come è stato messo in evidenza questo rapporto tra gente comune e cronaca nera?

Cinzia Tani: Allora, io posso dire ormai di essere una storica della cronaca nera. Io vivo in una casa con 20.000 libri, davanti a me ho un’immensa libreria solamente per il true crime, il crimine vero, il crimine storico. Per cui il corso, che era a Sociologia, voleva evidenziare dei fenomeni criminali come il femminicidio, gli omicidi commessi dalle donne nel passato perché, con l’emancipazione femminile tutto cambia e quindi la società cambia totalmente il delitto. Ho parlato molto anche dei delitti dei giovani e di diversi crimini divisi per argomenti, proprio perché spiegando la società e l’epoca storica, io poi potevo parlare di un determinato fenomeno nel delitto. Ad esempio, i serial killer perché in Italia così pochi e in America così tanti? Da dove proviene questo fenomeno? Sappiamo che si sviluppa soprattutto in società molto industrializzate, nell’emarginazione di alcune persone nelle megalopoli, nelle grandi città come New York, Los Angeles e molto meno a Roma o Milano; ecco, io raccontavo i delitti ma ne parlavo focalizzandomi anche sulla città. Per esempio, noi durante il periodo fascista non abbiamo potuto parlare di cronaca nera perché era proibito, ma subito, alla fine di quest’epoca ci sono stati tre casi importantissimi di delitti: Rina Fort, Leonarda Cianciulli (passata alla storia come “la saponificatrice”) e Pia Bellentani che hanno fatto scalpore e nei tribunali arrivava una marea di gente addirittura dalle campagne, senza scarpe, tutto pur di vedere l’assassina; era veramente un fenomeno esploso perché la gente voleva dimenticare gli orrori della guerra e “divertirsi” a vedere un processo per un delitto, quasi come si trattasse delle esecuzioni pubbliche in Inghilterra, che una volta erano letteralmente giorni di festa. La cronaca nera, quindi c’è sempre stata, così come l’attenzione morbosa a lei rivolta anche se chiaramente declinata in maniera diversa da epoca in epoca.

Vito Santoro: Vediamo ora quelle che sono le figure presenti nel libro. Ad esempio, c’è una coppia particolarmente curiosa, anche estrema, quella della filosofa ebrea Hannah Arendt e quella di Ilse Koch che è, appunto, una delle belve delle SS. Due donne provenienti dalla Germania dello stesso periodo che, però, hanno fatto scelte completamente diverse. Tra le altre cose, inserisci anche un altro elemento interessante, cioè quello del ruolo delle donne all’interno del regime nazista, che era un ruolo importante ed esecutivo, a differenza di quanto avvenuto in Italia col fascismo, dove le donne rivestivano per lo più il ruolo di amanti. Mussolini ha avuto tante donne ma non era assolutamente a favore di queste ultime, ad esempio.

Cinzia Tani: Verissimo e, devo dire, credo che quella sia una delle coppia riuscite meglio per il fatto che entrambe siano nate lo stesso anno ed entrambe in Germania e vissuto il nazismo in modo diverso: Hannah Arendt era ebrea e quindi era perseguitata e poi esiliata, aveva una grande passione per la filosofia tanto da divenire una grandissima filosofa e scrivere il famosissimo La banalità del male e, tra l’altro, è stata anche criticata dagli stessi ebrei per aver scritto, sul famoso processo ad Eichmann, che era stato una specie di show e che avrebbero dovuto gestirlo in maniera differente, non in Israele; in più, viene criticata dai dirigenti ebrei per non aver reagito adeguatamente al genocidio degli ebrei e per tutte queste ragioni non possiamo non definirla una donna estremamente forte. Ilse Koch nasce nello stesso ambiente, solo che è una ragazzina molto superficiale, molto bella, che non vuole impegnarsi, che passa da un amante all’altro affascinata dalle divise delle SS, fino a diventare l’importante sposa del comandante di Buchenwald. A questo punto, la donna acquista potere e comincia a dar sfogo alla sua furia omicida, uccidendo prigionieri e facendo tagliare i loro tatuaggi per farne dei paralumi. Figura analoga è quella di Irma Grese, altra donna bellissima che si macchia di crimini atroci all’interno dei campi di concentramento, cosa da non dormirci la notte. Quindi è vero, le donne nel nazismo hanno avuto davvero una grande importanza, al contrario di quelle del fascismo.

Vito Santoro: Daniela Porcelli ti chiede: ”Isadora Dunchan era una donna piena di sensibilità, inventò la danza moderna, ma frequentava il poeta Esenis, alcolizzato. Il confine tra il bene e il male, secondo la scrittrice è così netto o al contrario l’ influenza della società fa sì che non siano così definiti?”.

Cinzia Tani: Bellissima domanda! Io non sono assolutamente d’accordo sul tracciare un netto confine tra male e bene, anche perché abbiamo adesso parlato della “banalità del male” e considerate che alcune persone che hanno fatto del male erano persone apparentemente normali. Non sentiamo sempre dire, quando si parla di un assassino “Ah, ma era un uomo così gentile, il vicino perfetto! Portava a spasso il cane, era affettuoso con i figli” e poi ha massacrato con una sedia elettrica a martellate la moglie. Mengele, il medico che faceva esperimenti atroci sui bambini durante la Shoah, era un uomo elegante, amava la musica classica, amava la sua famiglia, i cani, gli animali; per cui effettivamente non c’è questa netta divisione, magari ci fosse!  Anche Isadora Dunchan era innamorata del poeta mezzo matto Esenin e, tra l’altro, è un grande dolore per lei quando lui si suicida buttandosi da un albergo a San Pietroburgo. Sugli amori hanno sbagliato tutte queste donne: Billie Holiday voleva veramente degli uomini violenti, lei si innamorava solo di uomini violenti che poi la facevano drogare, bere, la picchiavano eppure lei continuava a scegliere uomini della stessa pasta. Non si può quindi dire che queste donne-angelo abbiano avuto delle vite specchiate e neanche che tutte le donne-assassine abbiano vissuto un’esistenza interamente malefica, ma ciò che io voglio esaltare negli angeli è la passione, il talento che le porta a realizzarsi, a impegnarsi nella vita, a superare gli ostacoli, le difficoltà e a farcela. Ad esempio Freya Stark, una donna che fino ai cento anni ha viaggiato da sola, attraversando deserti, salendo sull’Himalaya a novant’anni coi dolori alla schiena… beh, quando leggo di una vita del genere io rimango estasiata, eppure la Stark sposa un uomo omosessuale, tutti ne sono a conoscenza eppure lei non se ne accorge. Per cui no, il male e il bene non sono separati totalmente ma sono per lo più sfumati.

Vito Santoro: A proposito di Isadora Dunkan, sono molto belle le pagine che tu dedichi al suo rapporto con Gordon Craig, straordinario teorico del teatro del Novecento, colui che riflettuto sull’attore come super-marionetta. Sono pagine talmente belle che hanno anche il merito di far conoscere questa figura che un lettore comune, non esperto, potrebbe non conoscere.

Cinzia Tani: Certo, per lei Craig era un mentore, era fondamentale nonostante i litigi, le discussioni e le successive riappacificazioni, Questo è infatti successo a tante di loro: queste donne hanno avuto qualcuno (che poteva essere una madre piuttosto che un amante). C’è sempre stato un mentore per gli angeli, a differenza delle donne-carnefici.

Vito Santoro: A proposito di donne straordinarie, questa volta dal punto di vista politico come la Ibàrruri: ho notato che ci sia stata una maggiore ferocia rispetto ai corrispettivi maschili.

Cinzia Tani: Devo dire che è sempre così, come ad esempio le critiche fatte alla Ibàrruri per essersi invaghita di un uomo più giovane, come se lei non avesse il diritto di esprimere i propri sentimenti romantici ma dovesse essere semplicemente una politica tout court, a differenza degli uomini a cui veniva concesso di tutto. Loro erano molto più criticate da tanti punti di vista: Rosalind Franklin, la famosissima scienziata che scopre la struttura del DNA, è in un ambiente talmente tanto maschilista che, quando Watson e Crick le rubano la sua scoperta e prendono il Nobel non citandola neanche, addirittura la descrivono come “brutta, con gli occhiali spessi, antipatica, dalla femminilità mascherata, arrogante e prepotente”, cose che non avrebbero scritto mai per un loro collega. Per cui sì, effettivamente le donne hanno dovuto faticare il doppio per affermarsi, in quanto dovevano superare anche tutti questi pregiudizi.

Vito Santoro: Uno dei casi che viene descritto nel libro è quello di Edith Thompson, un caso pazzesco nella sua violenza.

Cinzia Tani: Quello è un caso che mi sta a cuore perché, avendo raccontato tante storie di assassine, lei non era un’assassina ed eppure è stata condannata a morte perché donna in epoca vittoriana, epoca in cui l’adulterio femminile veniva considerato un crimine  contro l’uomo e contro la società. Cosa succede? Che lei, ragazza intelligente, bellissima, che lavora con un marito noiosissimo e possessivo, si innamora di un giovane marinaio ed esprime il suo desiderio di liberarsi dal marito ma lei, che era una specie di Madame Bovary in quanto avida lettrice di romanzi d’amore, scrive al marinaio che è fuori con la sua nave di aver allenato il porridge del marito e di aver messo dei pezzetti di vetro di una lampadina. Ma ciò che scrive non corrisponde a realtà: dall’autopsia si è poi, infatti, scoperto che non ci fosse veleno né tanto meno pezzetti di lampadina. L’uomo è stato semplicemente accoltellato dall’amante e le lettere sono state scritte dalla donna per far capire al suo amante che effettivamente avesse intenzione di eliminare il marito per vivere con lui, senza però compiere di fatto alcun gesto. Quando verrà poi impiccata, tra l’altro, il boia si suiciderà poco tempo dopo poiché tormentato dal rimorso di aver impiccato una donna innocente.

Vito Santoro: Questa è stata l’ultima impiccagione avvenuta in Inghilterra, giusto?

Cinzia Tani: No. Dell’ultima impiccagione sto proprio scrivendo recentemente. Ad ottobre vorrei far uscire questo breve libro, un’autobiografia del più grande boia del mondo, l’ultimo boia. Lui è Albert Pierrepoint, figlio di una famiglia di boia, un lavoro che in realtà veniva tenuto segreto. Albert Pierrepoint è stato il più grande boia del mondo perché ha giustiziato circa seicento persone, tra cui duecento aguzzini nazisti perché era talmente bravo che venne chiamato in Germania a impiccare le belve di Bergen Belsen e fu richiamato poi altre volte ed era diventato famoso in tutto il mondo per le sue esecuzioni. Il motivo vero per cui io ho, però, scritto questa autobiografia (ed è quindi lui che racconta la sua vita) è per spiegare al meglio cosa si cela dietro questo mestiere. Quando, ad esempio, Pierrepoint si ritrova a giustiziare la modella assassina Ruth Ellis, la folla è inferocita perché non vuole più la pena di morte e, se fino a quel momento avevano esaltato, ora cercano di linciarlo. Quindi lui torna a casa, ci riflette e capisce qualcosa di importante: si dimette e scrive una lettera davvero commovente in cui ammette di aver sbagliato, che credeva di avere una missione ma che in realtà non si potesse definire tale e che la pena di morte non fosse un deterrente per il crimine. Da quel momento, Pierrepoint mette su un pub e comincia a combattere contro la pena di morte. Ho voluto raccontare questa storia proprio per spiegare l’orrore che è stata la pena di morte e dentro ci sono anche Camus, Dickens autori che hanno scritto contro l’orrore della pena di morte, ho voluto raccontare questa storia proprio perché lui stesso ha capito che bisognava combattere la pena di morte.

Vito Santoro: Ci potrebbe essere una versione maschile di Angeli e carnefici?

Cinzia Tani: No. Non ci potrebbe essere una versione attuale né di maschi né di femmine ma del passato sicuramente si, anche se sarebbe enorme perché gli uomini famosi che hanno fatto delle cose importanti sono tantissimi così come sono tantissimi gli assassini, ci vorrebbe realmente un enciclopedia. Poi, soprattutto gli uomini hanno avuto meno difficoltà: credo infatti che le loro storie siano meno affascinanti. Io in Darei la vita, libro in cui ho raccontato la vita delle compagne dei geni, mi sono resa conto di come fosse molto più interessante la vita delle donne che quella dei geni. Se tu prendi solamente Einstein e Mileva Maric (che nessuno conosce) donna dalla vita pazzesca, Mileva era molto più intelligente di Einstein, una grande chimica, una grande matematica che rinuncia a fare la sua carriera per aiutare lui. Io credo che la gran parte delle scoperte di Einstein siano dovute a Mileva, donna che poi rimane sola, abbandonata dal marito, senza un soldo, nonostante lui avesse preso un Nobel, malata e muore abbandonata da tutti. Quindi sono vite più affascinanti, perché sono donne che sono state ostacolate e che hanno molto amato e che sono morte tristemente. Quindi sono quasi delle favole, dei film drammatici mentre le vite degli uomini sono anche un po’ più banali. La vita degli uomini è una vita piena di successi, amanti ma poche difficoltà mentre quella delle loro donne, compagne è stata molto più complicata.

Inoltre, ti rispondo anche sul perché oggi non si potrebbe fare. Oggi non li vedo questi Angeli e non vedo neanche le assassine. Le donne assassine oggi sono molto diminuite, pensate solamente che nell’ambito dell’omicidio in famiglia 98% sono uomini che uccidono le proprie compagne, le donne non uccidono il compagno anche se sono state tradite o lasciate, loro se ne fanno una ragione. C’è il divorzio, possono lavorare quindi loro tranquillamente voltano pagina, la donna si rifà una vita l’uomo al contrario dice “senza di te non vivo”. Di assassine ne avrei pochissime e di angeli non ne vedo, l’ultimo angelo che ho conosciuto è stata Margherita Hack. Poi ci saranno sicuramente delle bellissime scienziate però questi personaggi che emergono, prima abbiamo parlato di Maria Montessori, questi personaggi che emergono nella storia del nostro paese io sinceramente non le vedo, forse proprio perché oggi ci sono meno difficoltà per realizzarsi e abbiamo brave cantanti, brave fotografe, brave artiste, stiliste, scienziate ma non abbiamo una che sia Greta Garbo, Isadora Duncan.

Vito Santoro: Ultima domanda che esula dal libro però affonda nell’attualità e ne voglio approfittare: mai come in questi giorni si è parlato di questioni di genere e poi c’è stato anche il problema del video di Beppe Grillo che ha portato il discorso agli anni ‘70 o addirittura prima. Vorrei sapere la tua opinione.

Cinzia Tani: Sul genere sfondi una porta aperta nel senso che per me non esiste genere. Tu vedi ad esempio queste donne, nessuno sa che Rosalind Franklin la moglie di Roosevelt era bisessuale, Greta Garbo e Isadora Duncan erano bisessuali, anche allora nessuno le ha mai giudicate per questo. Loro avevano delle amanti donne e degli amanti uomini. Per quanto riguarda Grillo io non volevo neanche vederlo perchè avevo paura a vedere quel video, quando l’ho visto mi sono venuti i brividi nel senso che abbiamo tanto combattuto per la violenza sessuale affinchè la vittima di violenza potesse avere il tempo per capire quello che le era successo e potesse non denunciare subito perchè scioccata, a volte neanche capisce cose le sia realmente successo. A quel punto non importa che la ragazza abbia fatto surf, ci sono ragazze vittime di violenza che poi sono andate a scuola. Anch’io nel mio passato sono stata molestate, il giorno dopo però cercavo di nascondere la cosa perché avevo un senso di vergogna. Quello che lui (Grillo) dice è terrificante, intanto lascia che tuo figlio si prenda le sue responsabilità e che sia lui a prendersi le sue responsabilità, se c’è un video, se ci sarà un processo che sia lui a prendersi le sue responsabilità. Tu padre (Grillo) devi essere il primo ad insegnare a tuo figlio il rispetto per le donne, perché a parte lo stupro tutto quello che succedeva in quella villa non mi sembrava il massimo del divertimento normale tra giovani, fare un video del genere, urlando contro la giustizia rende il tutto sconvolgente.

Vito Santoro: Grazie Cinzia, grazie per essere stata con noi. In libreria trovate Angeli e carnefici, leggetelo ne vale la pena e ancora grazie per essere venuta qui.