In Schede

Le emozioni si azzuffano (rec. a Katia Ricci, “In penombra”, Les Flâneurs Edizioni, 2025)

di Anna Potito

Una sedia a dondolo, un pesante tendaggio che scherma la luce del giorno, una sagoma indistinta nella sedia di fronte, voci che bisbigliano: un uomo e una donna, il terapeuta e la sua paziente. Una conversazione che nasce guardinga, sospettosa, poi, pian piano la timidezza si stempera. Riaffiorano emozioni sopite, imbarazzo, malinconia, rabbia, tristezza. Difficile rivivere le proprie paure, le scelte non fatte, i sogni non realizzati, i desideri inespressi, gli istinti repressi. Tutto questo, nella cadenza degli incontri, ogni volta diventa più facile, scioglie la diffidenza, diventa piacere di essere ascoltata e compresa, apre alla gratitudine e allenta il timore del giudizio, squarcia spiragli inattesi. In penombra, nuovo romanzo di Katia Ricci, edito da Les Flâneurs, racconta una donna adulta, che ha vissuto una vita piena, che è madre di figlia e nipoti, che è studiosa e scrittrice di successo, che ha attraversato l’esperienza del femminismo, della conquista della libertà, che con altre donne ha condiviso passioni civili e che appare sempre sicura di sé, può abbandonarsi, nell’età in cui credeva di aver vissuto tutto, amore, maternità, disillusioni e successi, di nuovo a sensazioni e sentimenti che credeva dimenticati? «Mi sei venuto vicino e ho sentito una fitta di dolore, antico e nuovo, passato e presente». Cosa la turba? Quale dolore l’attraversa? Da quale oscura profondità affiora e viene respinto, questo dolore che l’accompagna, sotterraneo e malefico? Un dolore che talvolta l’amore riesce, temporaneamente, a placare ma non l’abbandona. Nemmeno le amiche, le compagne con cui condivide la ricerca di sé e di lettura del mondo, quelle con cui ha attraversato momenti di crescita e di lotta, riescono ad appagare questo dolore, forse un vuoto, una mancanza. Anzi, forse, di queste stesse donne, a volte, teme il giudizio. È per questo che ha scelto un terapeuta maschio? «Le emozioni si azzuffano e fanno a gara per primeggiare l’una sull’altra. Una gamma che va dal dispiacere al rammarico, dal piacere alla vergogna, dal timore all’amarezza. Il tutto impastato dal ricordo del desiderio che si era riacceso e mi dava vitalità». Ecco, il desiderio irrompe inatteso, imprevisto ma non sconvolge nonostante l’irregolarità della situazione. Il patto terapeuta-paziente si è rotto ma ha dato vita ad un amore nuovo, in cui l’attrazione fisica si accompagna alla dolcezza, all’attenzione, in una intimità di corpi e di parole che ha vinto paure e diffidenze e ha dato voce” ad un linguaggio più aderente ai pensieri, alle emozioni, alla realtà dei sentimenti”. La malattia irrompe improvvisa, dirada gli incontri, dà più forza alla voce che, nella telefonata o nel messaggio, fa risuonare tutta la fisicità e l’intensità del sentire. Poi i messaggi diventano sempre più brevi, sempre più teneri, sempre più flebili. D’un tratto il vuoto, l’assenza. La scrittura sembra restituire quei sentimenti, quei turbamenti, quelle emozioni che vanno avanti e indietro, come la risacca, l’onda che va avanti, poi torna indietro, si scontra con l’onda successiva poi ritorna in avanti e ti trascina con sé, un’onda a cui ci si affida, in cui la lettrice e, spero, il lettore, può riconoscere le proprie ansie, i propri timori, i propri desideri, le contraddizioni della propria vita. Una confessione? Un sogno? Un’invenzione? Forse.

Ma lasciarsi cullare dal dondolio della sedia e dalle voci che riempiono l’aria può essere un balsamo e aiuta a far rivivere quell’essere fragile che abbiamo accuratamente nascosto dentro di noi, come quella «bambina piccola, fragile, e desiderosa di tenerezza, che chiedeva di essere vista e possibilmente amata».

Testo citato:

Katia Ricci, In penombra, Bari, Les Flâneurs Edizioni, 2025 (pp. 116, € 13,00)