In Tu con Zero - Le interviste

Premio Strega: dalle origini oggi e dietro le quinte con Demetrio Paolin

di Ilaria Orzo

Quando si parla di letteratura, in Italia non si può non pensare al Premio Strega, tra i più importanti riconoscimenti per gli scrittori del nostro Paese.

Sono tanti e tutti importanti gli scrittori e le scrittrici che, dalla sua prima edizione ad oggi lo hanno vinto o sono stati in corsa per aggiudicarselo. Tra i vincitori, ricordiamo Alberto Moravia, Dino Buzzati, Natalia Ginzburg, Lalla Romano, Primo Levi e Umberto Eco.

Ma come è nato il Premio Strega? Proviamo a tracciarne insieme il profilo storico.

Fondato a Roma nel 1947, ad opera di Maria Bellonci e Guido Alberti, il suo nome è dovuto ad un duplice riferimento: in parte è legato al celebre liquore Strega, della cui azienda fu fondatore proprio l’Alberti, in parte è legato alle storie sulle streghe di Benevento.

Nel 2014, all’assegnazione del Premio Strega classico sono stati affiancati il Premio Strega Europeo e il Premio Strega Giovani; nel 2016 viene assegnato per la prima volta il Premio Strega Ragazzi e, infine, è stato dato il via quest’anno al Premio Strega Poesia. In questo modo, tutte le fasce d’età e tutti i generi letterari vengono presi in considerazione, tenendo conto del fatto che il panorama letterario e ormai sempre più vasto.

Negli ultimi anni, intorno al Premio Strega sono nati numerosi progetti, complici anche i social e i book blogger. I più importanti sono:

Strega OFF, realizzato dall’associazione culturale ALINEA. Si tratta di una serata che si svolge alla vigilia dello Strega nel giardino di Monk e che permette ai lettori comuni di votare il loro vincitore del Premio. Da qualche anno, il voto dello Strega OFF è tenuto in considerazione per la proclamazione ufficiale del vincitore del Premio;

Stregonerie – Premio Strega tutto l’anno, una rassegna letteraria ideata e diretta da Isabella Pedicini e Melania Petriello, che permette di mantenere vivo il Premio per tutti i mesi, con incontri mensili dedicati alla lettura dei libri che ne hanno fatto la storia e con la discussione di temi sempre caldi nel panorama culturale;

FantaStrega, un gioco letterario ideato dai book blogger Ilaria Orzo e Cristina di Corcia di “Libri che ti passa” e Nello di Coste di “Libri nello scaffale”. Il gioco, nato con l’intento di avvicinare quante più persone possibili alla lettura, è aperto a tutti gli appassionati del Premio e coinvolge numerosi tra book blogger, librai ed esperti del settore editoriale. Come funziona il gioco? Ciascun giocatore crea la sua cinquina ideale e accumula o perde punti in base ai bonus e ai malus raccolti dai FantaLettori, padrini e madrine ideali di ciascun libro candidato dell’edizione del Premio in corso.

Insomma, che l’attenzione sul e intorno al Premio sia tanta è chiaro a tutti. Ma cosa vuol dire davvero farne parte? Lo abbiamo chiesto a Demetrio Paolin – scrittore di saggi e romanzi, collaboratore del Corriere della Sera e insegnante in una scuola di Torino -, il cui libro Conforme alla Gloria è stato tra i candidati al Premio Strega per l’edizione 2016.

  1. Per un autore, sapere che il suo libro è candidato al premio letterario più importante d’Italia è motivo di orgoglio. Come hai vissuto tu l’essere nella dozzina?

Per me più che un motivo di orgoglio, che ovviamente c’è e che è innegabile che ci sia, è stato motivo di sorpresa: ero al secondo romanzo, il primo era uscito otto anni prima, con qualche buona recensione e scarso successo di pubblico, e quindi tutto mi sarei aspettato tranne che di essere candidato e di essere in dozzina. L’essere in dozzina è stato una bella avventura umana, ho stretto amicizie con alcuni degli scrittori con cui ero in gara, abbiamo viaggiato, visto posti, fatto presentazioni, incontrato persone. Ho cercato di viverlo attraverso l’ironia e l’understatement, che dna piemontese mi forniva in gran copia. Mi ricordo che, ricevuta la notizia della candidatura, commentai sui social con “Mi sono perso qualcosa?”. In realtà ero felice per me, per l’editore Voland che aveva creduto in me – e che ci crede anche adesso e asseconda i miei progetti narrativi e i miei tempi lunghissimi – ; ero contento perché Conforme alla gloria è un romanzo, complesso e lo Strega è stato un trampolino di lancio importante, che ha permesso di raggiungere molti lettori; è innegabile che un libro in dozzina venda di più, che abbia fornito al testo una visibilità enorme e che abbia portato ad altri premi, prolungando la vita del romanzo ben oltre i fatidici 3 mesi di presenza sugli scaffali. Per quanto riguarda me come scrittore, essere stato in dozzina è stato come essere invitato a un pranzo di gala, un bellissimo pranzo, con persone gentilissime e umane, con una attenzione e una cura che ho visto poche volte, con una attenzione e una cura verso i libri che ha pochi eguali.

  1. Ti va di raccontarci qualche aneddoto legato al giorno della proclamazione della dozzina?

Vorrei raccontare due aneddoti; il primo è legato alla proclamazione della dozzina e il secondo è a proposito dell’ultimo giorno in cui sono stato autore in dozzina. 

Il giorno prima che la dozzina venisse annunciata ero a Roma per una doppia presentazione di Conforme. Il giorno della proclamazione avevo l’aereo di ritorno a Torino, sul quale mi imbarcai spegnendo il cellulare, ovviamente. Tutto credevo, tranne che potessi entrare a far parte dei 12. Atterrato a Torino, dimenticai il telefono spento, distratto da altre cose; proprio in quelle ore veniva ufficializzata la dozzina e tutti – editore, ufficio stampa, editor, amici – mi scrissero, mi chiamarono e cercarono di mettersi in contatto con me. Due ore dopo l’atterraggio mi ricordai di avvertire i miei che ero arrivato a casa, e appena accesi trovati messaggi, chiamate, mail; il mio primo pensiero fu “Vuoi vedere che è successo un disastro aereo?”. La prima persona che riuscì a mettersi in contatto con me fu Francesca Fiorletta, mia cara amica e ora ufficio stampa di Feltrinelli, poi fu la volta di Daniela Di Sora, che urlava dalla felicità, e di Viola Marino, ufficio stampa di Voland, che mi disse cose bellissime, ma confuse e tutte insieme. Lentamente mi resi conto di tutto, e fu bello.

Ciò che accadde alla fine, negli ultimi giorni di dozzina, fu altrettanto divertente. Arrivato a Roma con il treno, dovevo andare in albergo e cambiarmi perché avevamo la cerimonia alla Camera, avevo con me il completo che avevo comprato per lo Strega, perché lo Strega è un po’ come quando sei invitato a una comunione, o una cresima o matrimonio, anche se di solito sei in braghe corte per l’occasione ti vesti meno peggio. Uscito da Termini, alcune persone mi scipparono, portando via il borsone con la giacca e il completo. La situazione era chiara: mi trovavo senza vestito, a poche ore dalla premiazione; così ho chiamato Viola. Un’ora dopo lei è arrivata con un nuovo e fiammante completo, che ho indossato entrando nel bagno in braghette e maglietta e uscendo pronto per una nuova avventura… Il giorno dopo fu annunciata la cinquina, e mi parve che quel furto fosse in qualche modo simbolico: la fine di una avventura…

  1. Attualmente, stai lavorando a un altro libro? Tra i libri candidati quest’anno, ce n’è uno che ti fa dire “vorrei averlo scritto io”?

Sto lavorando a un “testo lungo” da due anni, sono in alto mare, ma negli ultimi mesi mi pare di scorgere finalmente una idea chiara, non tanto di come e di cosa (quello è da un po’ che è lampante), ma sul modo in cui organizzare questa storia. Quindi, per ora, mi godo l’idea di aver forse trovato appunto la quadra tra stile-trama-montaggio e lento pede scrivo; intanto, molto probabilmente a ottobre uscirà per Tetra un racconto lungo di cui sono molto contento. Per quanto riguarda il “vorrei averlo scritto io”, è un sentimento che di solito non mi attraversa – se non per casi estremi tipo l’Ulisse di Joyce o Infinite Jest di DFW – e spero che ognuno degli autori delle dozzina sia sempre soddisfatto di ciò che scrive e scrivere. Perché se debbo dire cosa lo Strega mi ha lasciato direi così: lo Strega mi ha insegnato – ed è un insegnamento per me fondamentale – a concentrarmi sulla storia che voglio scrivere. Perché non conta il pubblico, non contano i giornalisti, non contano i premi, non conta nulla di tutto ciò: tu devi essere sicuro, licenziando il tuo romanzo, che la storia che volevi scrivere è esattamente, o il più esattamente possibile, identica a quella del tuo pensiero. Le “cose” che verranno dopo – i premi, le risate con gli altri scrittori, gli scherzi di notte, le bevute di birra post presentazione, i panini mangiati alle 3 del mattino usciti da casa Bellonci, i complimenti, le invidie, le meschinità, e le grandezze delle persone – sono futilità, perché – come diceva uno, che lo aveva capito prima e detto meglio di me – “quanto piace al mondo è breve sogno”.