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Sul caso Roald Dahl: modernizzazione o censura?

di Giovanni Morese

Non ho niente da insegnare. Voglio soltanto divertire. Ma divertendosi con le mie storie, i bambini imparano la cosa più importante: il gusto della lettura.

Così ci diceva l’autore di letteratura per l’infanzia che, a cavallo tra la generazione X e quella dei Millenials ha dato voce, corpo ed anima a personaggi divenuti iconici ed inimitabili. Tra terribili streghe, mostri spaventosi, una preside che farebbe rabbrividire anche gli studenti più impavidi ed uno strambo ma sempre affascinante Willy Wonka, Roald Dahl ci ha offerto la visione del mondo di un uomo britannico nato nel 1916 che, però, riesce ancora a pieno nel suo intento di appassionare e divertire i piccoli lettori.

Almeno fino ad oggi.

È recentissima, infatti, la polemica innescata dalle revisioni ai romanzi dello scrittore attuate dalla Puffin Books e la Roald Dahl Story Company in collaborazione con Inclusive Minds, un’organizzazione che si occupa di inclusione e accessibilità nella letteratura per bambini. In questo modo fat si trasforma in parola-tabù da estirpare, la scrittrice donna Jane Austen prende il posto del ultimamente “cancellato” Rudyard Kipling tra le letture della bimba-prodigio Matilda, mentre a Roald Dahl vengono messe in bocca parole e considerazioni mai neppure lontanamente concepite dalla sua mente novecentesca. Eppure, su questa pesantissima revisione delle opere Dahliane – il Telegraph parla di ben cinquantanove modifiche solo per il romanzo The Witches – la branca della famosissima Penguin Books si esprime convintamente parlando di “modernizzazione”. Da qui il paradosso: modernizzare la letteratura eliminando ciò che l’ha resa tale. Trasformare Roald Dahl in uno scrittore degli anni ’20 del 2000, non offrendo ai suoi fruitori contemporanei la doverosa possibilità di interpretare un mondo che non esiste più e capire se da quest’ultimo si possa ancora apprendere qualcosa. Siamo sicuri che modernizzare significhi davvero prendere la trasposizione su carta dei classici Disney e appiccicarsi con lo sputo il nome dei fratelli Grimm, di Charles Perrault, Lewis Carrol e Hans Christian Andersen come se questi ultimi avessero davvero dato gli stessi happy ending smielati della controparte cinematografica? Siamo davvero convinti di salvaguardare la sensibilità delle nostre generazioni future non fornendo loro gli strumenti necessari per comprendere quelle che sono le contraddizioni del nostro ieri? È questa la nuova concezione del moderno o possiamo parlare apertamente di censura? Ai posteri l’ardua sentenza. Eppure rimbomba, in questi giorni più di altre recenti occasioni un pensiero costante, sofferto, malinconico: ridateci la nostra letteratura. Una letteratura che può essere modernizzata con delle note esplicative. Una letteratura studiata a scuola e nella vita attraverso le parafrasi e le chiavi di lettura che ci donano l’abilità di leggere il passato comprendendo meglio il contemporaneo. Una letteratura che dia ai nostri lettori più giovani la libertà di imparare a leggere divertendosi con Roald Dahl e – qualora nel nostro tempo quest’ultimo non dovesse riuscire più nel suo intento – quella di posare il passato ed abbracciare, perché no, qualcosa di definitivamente nuovo.