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Una storia sbagliata: donne, vittime di violenza e contronarrazione – Call for Papers

C’era una volta Wilma Montesi, che in un pomeriggio di aprile del 1953 preferì il mare di Torvaianica a un film con Anna Magnani, ignara che proprio sulle spiagge del litorale laziale avrebbe trovato la morte, diventando l’inconsapevole protagonista di un’intricata storia popolata da attrici, uomini politici e tutto il côté del bel mondo capitolino di quegli anni. Nel 1983 toccò a Francesca Alinovi guadagnare le prime pagine dei giornali. Ancora, agosto 1990, una bella ragazza in costume da bagno sorride all’obiettivo ignara che quella sarà l’ultima estate della sua vita. Si chiama Simonetta Cesaroni e verrà martoriata da 29 coltellate nell’ufficio in cui lavorava, in via Carlo Poma 2 a Roma. Delitti irrisolti, misteri attorno ai quali fare congetture, storie private da gettare in pasto a un pubblico sempre più famelico di dettagli più o meno scabrosi.
Teorie complottiste che vedono coinvolti servizi segreti e sette esoteriche saranno il tratto peculiare delle indagini e delle più funamboliche speculazioni nate attorno a certi femminicidi: di quello si è trattato, nel corso degli anni.
Se da fine anni Ottanta al primo decennio del Duemila hanno tenuto banco trasmissioni tivù come Telefono Giallo di Corrado Augias, Mistero in Blu e Blu Notte di Carlo Lucarelli, ai giorni nostri gode di una ben meritata autorevolezza Stefano Nazzi, bravo giornalista d’inchiesta che con i suoi podcast torna su celebri luoghi del delitto e scandaglia certi anfratti bui e brutti del passato recente. Al centro delle due inchieste troviamo, per esempio, l’omicidio di Chiara Poggi, consacrato dalla cronaca come “Il delitto di Garlasco”, o  quello di Meredith Kercher, che quasi sempre è chiamato “Il delitto di Perugia”. Il paradosso, dunque, è che troppo spesso proprio la vittima è messa in secondo piano. Come? Catalogando il fatto come “delitto di tal luogo” o, peggio ancora, “mistero di quell’altro”, e annientando così, per una seconda volta, la vittima stessa.
La donna perde centralità in queste narrazioni che puntano più a fidelizzare il pubblico alla vicenda torbida, prontamente trasformata in feuilleton macabro. La donna, dicevamo, perde la centralità anche nel suo ruolo di vittima perché, per rendere più succosa la storia, la trama viene arricchita da possibili amanti e segreti inconfessabili. Parallelamente, si avvia una contronarrazione che vede protagonista l’assassino, ipotetico o conclamato: quasi un antieroe romantico, a suo dire vittima di un sentimento troppo grande, incapace di superare un rifiuto o un tradimento o più semplicemente le decisioni dell’altra persona.

E’ necessario garantirsi un pubblico, gratificarlo e allettarlo con descrizioni particolareggiate della scena del delitto: cosa indossava, in che posizione giaceva quando è stato ritrovato.. Uccise per la seconda volta. E ogni volta che la notizia passa al tg, nei programmi di approfondimento, sul display di uno smartphone… Nuovi colpi inferti , uno dopo l’altro sulla carne inerme di una donna che ormai è fatta solo del nome. Il cognome, il pezzo che completa la sua identità è un ostacolo all’empatia che si deve stabilire tra pubblico e vittima di questa nuova fiction in cui la vittima è amica, sorella. La vittima è una di noi! “Ma noi chi? ” verrebbe da chiedersi ..
Come narrare oggi la violenza sulle donne?
 La narrazione letteraria è un documento o corre il rischio di diventare una tendenza? Come porsi dinanzi a testi letterari del passato? Come usare la comunicazione dei nuovi media sul tema? Che ruolo stanno svolgendo i media tradizionali?

Sono graditi:

– articoli della lunghezza minima di 10.000 battute;

– racconti della lunghezza minima di 5 cartelle word;

– video della lunghezza massima di 150 secondi;

– strisce a fumetti di 20 tavole max.

Spedire a: letterazero.nuovaserie@gmail.com e a laspecoladellestelle@gmail.com