In Lettera 22

Riccardo Falcinelli presenta “Filosofia del Graphic Design” – parte seconda –

di Umberto Mentana

Falcinelli, sempre dialogando sul progresso e sulle potenzialità di mutamento che la rete ha prodotto, in particolare negli ultimi anni, sui rapporti umani e professionali, esemplifica alcune personalità meravigliose e geniali, i cui interventi sono naturalmente parte di Filosofia del Graphic Design, mettendo in chiaro e ribadendo che tuttavia il valore di un’idea, di una congettura sopraffina è il germe di una grande invenzione e del progresso globale.

Qui dentro ci sono una manciata di idee che quando sono state formulate erano veramente fantascienza.

Muriel Cooper, che era la director del MIT (Massachussets Institute of Technology), proprio là nella Silicon Valley, era una signora fantastica, veramente un genio che a metà anni Ottanta dice: “la novità del computer non è che rende più veloce il lavoro ma che da qui a poco con i cablaggi che noi usiamo internamente faremo smart working”. Lo dice nel 1985! Quarant’anni fa lei dice che la novità del computer non è la velocità ma che nel momento in cui  i cablaggi che noi abbiamo interni ce l’avranno tutti sulla Terra, la vera novità del computer è il telelavoro. E lo dice quando le persone non avevano neppure idea di cosa si stesse parlando. Noi abbiamo avuto bisogno di una pandemia per sperimentarlo per la prima volta. Come ha fatto la Cooper ad arrivarci? Perchè era filosofa, perché si è posta tutta una serie di problemi culturali che facevano vedere qual era il vero senso del computer.

L’altro gigante è Moholy-Nagy che nel 1922 dice: “sì, hanno inventato il grammofono, il disco. La gente lo usa per sentire la musica. Ma questo è un momento di passaggio. La cosa che ci interessa è quando noi incideremo direttamente il disco senza registrare la musica”. Questo parlava di musica elettronica quando ancora non esisteva l’elettronica.

Allora, la mia aspirazione è che se i ragazzini iniziano a famigliarizzare con questi temi, non limitandosi a quello che la tecnologia fa oggi, comincino a rifletterci, ovviamente per chi ha quella fantasia per immaginare queste cose, forse potranno dire cosa accadrà in futuro.

            C’è spazio anche per numerose domande da parte del pubblico e Falcinelli certo non si limita a non entrare nel dettaglio. Uno dei primi quesiti a cui risponde è quello riguardo all’utilizzo della grafica per le copertine nell’editoria, un lavoro che da anni svolge con estrema abilità e professione. Subito dopo invece si sofferma brevemente sul bisogno della conservazione e sulla cosiddetta eredità psicologica dei supporti di “registrazione”.

Nel libro anche gli scrittori più attenti e più sensibili non hanno mai sentito la copertina come un’opera parallela rispetto a quanto accadeva per le produzioni musicali riguardo al disco in vinile, ma come packaging. La stessa Elsa Morante, che è stata una delle più attente alla grafica dei suoi libri, se la disegnava da sola fondamentalmente. La Morante stava lì: lo voglio così, lo voglio colà.

La famosa copertina de La Storia che ha una foto della Magnum in bianco e nero stampata su fondo rosso è un’idea della Morante, le cose erano un po’ diverse. Che cosa sta accadendo invece oggi? Il libro sta riesplodendo da capo, soprattutto nel mondo dei libri per bambini e quindi per reazione all’ebook, il libro di carta è diventato sempre più ricercato nei materiali e ha una sua nuova vita che sembrava stesse perdendo mentre il disco al momento riguarda solamente una nicchia da “biblioteca” che però esiste.

Di tutte queste tecnologie, che sia il file .avi o l’mp3 noi quello che veramente non sappiamo è che sa tra dieci anni si leggeranno ancora. Noi passiamo tutto questo tempo infinito a trascrivere il nostro archivio sul nuovo hardisk e ogni anno sul nuovo hardisk e così via, fondamentalmente stiamo conservando tutto questo materiale digitale come portando l’acqua con le bacinelle e travasandola sperando che non evapori.  Alla fine il libro di carta e il vinile stanno là e nessuno li tocca.

Io sono un appassionato dell’Ottocento perché secondo me nell’Ottocento hanno inventato il mondo che conosciamo oggi. Io ho ereditato il servizio di piatti di porcellana dei miei bisnonni, Richard Ginori – 1895. Ma noi che lasciamo? I piatti Ikea? Noi siamo in un momento di usa e getta molto pratico, molto economico però conta anche l’eredità psicologica che tu lasci ai figli, ai nipoti, ai discendenti.

E così la collezione di dischi fatta in vinile ha un po’ quell’idea lì: che nonostante mio figlio non li ascolta ugualmente, questa è la musica che mia mamma ascoltava…e mi commuove un po’ questa cosa.

            Concludendo, l’autore ripresenta il problema dell’insegnamento del mestiere del grafico e di che tipo di sapere sia più adatto in virtù dei bisogni delle nuove generazioni, per stabilire una connessione equilibrata con le esigenze del presente, virtualizzato e liquido.

È diventato un mestiere, sia quello dell’insegnante che quello del grafico che necessariamente deve fare i conti con un po’ più di teoria,  sono le storie che ci racconti, le idee che hai in testa ciò che diventa signficativo perché più andiamo avanti e più la parte pratica la farà il computer da solo, sempre di più. Quindi bisogna spostare il tipo di insegnamento all’altra parte, ossia sottoporre ai ragazzi che cosa possiamo fare con queste cose qui. Più la storia e non la tecnica.

La grande frode di questi anni, poi, è l’idea della start-up, quella che un ragazzino che non ha mai lavorato possa prendere dei soldi e partire da zero. È impossibile farlo perché saper lavorare significa che qualcuno ti ha insegnato a lavorare, a parte l’eccezione di uno su un milione che magari è particolarmente dotato o fortunato. Le cose da imparare sono talmente tante e non credo che siano cose che si possano imparare sui libri o a scuola perché c’è un aspetto pratico, ma anche di fiuto, di tono generale che devi vedere qualcuno che lo fa. Serve insomma quell’aspetto lì pratico di accompagnamento.

C’è da dire che ad un certo punto nell’Occidente ci siamo creduti che tutto fosse insegnabile a scuola. Non è così. Fino ad un po’ di anni fa delle cose si studiavano a scuola e delle cose si imparavano a bottega ma ad un certo punto abbiamo detto si impara tutto a scuola. Ci sono tutta una serie di competenze che si continuano ad imparare a bottega. Devi stare insieme a delle persone che lo sanno fare, le devi fare, e da quel vederlo fare cominci piano piano ad imitarli.

È invece rimane questa cosa di: “bisognerebbe fare più master su questa cosa qui”. No, si sta troppo a scuola bisogna starci meno a scuola.

            Un ultimo spazio Falcinelli lo dedica esprimendo un consiglio spassionato agli studenti, ai professionisti, ai semplici appassionati di qualsiasi mestiere creativo, un insegnamento che secondo me non dovrebbe nella maniera più assoluta rimanere inascoltato, anche per chi in un certo senso si ritiene già esperto e formato in un dato campo di studi.

Il sapere è virtualmente accessibile ma è importante però praticarlo, ovvero quello che dico sempre ai miei studenti: ti piace il calcio? Vai sempre allo stadio? Vai anche all’Opera, vai al Balletto. Confrontati con cose di cui non te ne importa niente e che potrebbero annoiarti perché quello di cui hai bisogno sono un’infinità incredibile di stimoli. Se ti piace solamente il cinema e sei un appassionato di cinema e teatro vai allo stadio, vai a vedere una partita di calcio dal vero. Devi stare veramente dentro le cose, essere curiosi e non limitarsi solo a quello che troviamo su internet. Poiché internet virtualmente ti presenta tutto però poi è diverso. Stimolarsi, trovarsi di fronte a tante cose perché le idee arrivano se sei molto e davvero stimolato.