di Ilaria Orzo
Tra i libri più letti degli ultimi anni ci sono certamente le saghe familiari, interi volumi che ricostruiscono la storia di una famiglia attraverso i secoli, di generazione in generazione, approfondendo non solo la caratterizzazione dei personaggi e le relazioni che questi hanno tra loro e con altri, ma anche il contesto storico e geografico in cui sono calati.
Ad oggi, però, parlare di saghe familiari è abbastanza improprio: con il tempo, infatti, sono stati fatti afferire a questa macroarea anche romanzi autoconclusivi in cui i passaggi generazionali e temporali vengono sviluppati e raccontati con una semplice divisione in capitoli o dividendo il volume unico in parti; si pensi, ad esempio, a Cent’anni di solitudine e Le correzioni, grandi capolavori della letteratura che, seppur non divisi in volumi, ricostruiscono in maniera precisa e capillare intere e intricate storie familiari.
Nonostante la difficoltà di far combaciare tempi, persone, cose e fatti, il risultato che si ottiene è il regalare al lettore una vita parallela, nuovi amici, quasi una nuova famiglia. Il fascino di questo genere, infatti, sta nella sua capacità di trascinare in un qualcosa mai conosciuto prima rendendolo così reale e tangibile da farne sentire la mancanza dopo l’ultima pagina.
I romanzi e le saghe familiari affondano le loro radici in un tempo molto lontano e si richiamano a una narrazione tramandata in forma orale.
Ma come si struttura un romanzo di questo tipo? I piani della narrazione sono essenzialmente tre.
Il primo piano narrativo riguarda la storia della famiglia. La lente d’ingrandimento è posizionata sull’albero genealogico e sui gradi di parentela che intercorrono tra i vari personaggi. Talvolta, per aiutare il lettore a muoversi tra i vari personaggi e star dietro ai salti temporali, l’albero genealogico viene messo a tutti gli effetti nero su bianco all’inizio del libro, pronto alla consultazione. Questo stratagemma banale può rivelarsi molto efficace: si pensi al già citato Cent’anni di solitudine, in cui i capostipiti della famiglia hanno tutti lo stesso nome di battesimo, oltre che lo stesso cognome, o ai più moderni Cazalet, in cui le bambinaie si chiamano per lo più Nan e ciascun figlio maschio ha almeno tre o quattro figli, a volte anche con donne diverse; perdersi durante la lettura, in questi casi, è più semplice del previsto, e uno schema riassuntivo delle parentele può diventare un buon alleato.
Il secondo piano narrativo riguarda la crescita personale dei singoli personaggi. Ogni membro della famiglia viene caratterizzato minuziosamente, certamente dal punto di vista fisico, ma soprattutto dal punto di vista psicologico. Di ciascuno impariamo a conoscere passato, presente, sogni, ambizioni, segreti, dubbi e gusti. Questo è certamente il modo migliore per calarsi nella storia, ma è molto utile anche per comprendere a pieno l’evoluzione della famiglia stessa e per riconoscere i segni del tempo che passa. Prendiamo ad esempio i Florio, la cui storia è raccontata ne I Leoni di Sicilia e L’inverno dei Leoni di Stefania Auci: se non conoscessimo a fondo i loro protagonisti li prenderemmo in simpatia o in antipatia per partito preso, senza comprendere le reali motivazioni che stanno dietro le loro decisioni e le loro azioni e non riusciremmo ad intuire come procederà la narrazione, perché da quei personaggi non ci aspetteremmo nulla.
Il terzo piano narrativo, infine, riguarda il contesto storico. In alcuni casi, questo aspetto viene tralasciato, ma si tratta di rare eccezioni. Tanto quanto caratterizzare i personaggi, calare la storia in un contesto storico preciso e seguirne l’evoluzione anche da un punto di vista sociale, politico ed economico ci aiuta ad anticipare e comprendere le mosse e le parole di ciascun attore della storia, legittimando il suo essere, al di là della simpatia o dell’antipatia personale. Anche in questo caso prendiamo a supporto un esempio pratico, analizzando il contesto storico raccontato ne Il buio oltre la siepe di Harper Lee e poi ripreso nel suo seguito Va’, metti una sentinella; generalmente, questi due romanzi vengono presi in considerazione solo in quanto romanzi di formazione, ma, essendoci al centro della narrazione anche e soprattutto le vicende personali di Scout e della sua famiglia, possiamo affermare con certezza che questi due titoli possano essere rubricati anche sotto i romanzi familiari. In essi, l’importanza del contesto storico è lampante: la questione della tratta degli schiavi e dello sfruttamento dei negri è il tema principale della narrazione e condiziona e guida i comportamenti e i pensieri dei protagonisti. Avendo analizzato approfonditamente i diversi piani narrativi a cui si deve fare attenzione quando ci accinge a scrivere un romanzo o una saga familiare, è facile comprendere come l’impresa sia particolarmente ardua: c’è da immaginarsela quasi come il dover scrivere tre romanzi differenti e farli corrispondere ed incastrare tra di loro, in modo che, una volta messi insieme, diventino causa ed effetto l’uno dell’altro. Nessun dettaglio può sfuggire, un solo errore potrebbe rendere fallace e poco plausibile l’intera storia.