In Appunti di Lettura

Inquisizioni sui Karamazov – parte XI

di Demetrio Paolin

Durante la stesura di queste inquisizioni ho letto l’ultima fatica di McCarthy Il passeggero (Einaudi, trad. M. Balmelli), e sono rimasto colpito da alcuni dati che possono avvicinare il romanzo ai FK e in particolare la parte quarta, libro undicesimo, capitolo IX, Il diavolo, L’incubo di Ivan Fedorovic. A colpirmi nei due romanzi è appunto il colloquio tra i protagonisti – da una parte Alicia e dell’altra Ivan – e le due essenze demoniche. Scrivo demoniche e non demoniache, perché nel leggerli ho avuto l’impressione che appunto tali personaggi, non si nutrano di un immaginario legato alla dannazione, inferno, peccato e colpa, ma rappresentino il daimon, il destino, la necessità di essere ciò che si è. 
The Kid, il diavolo che visita Alicia, e il diavoletto in grisaglia di Ivan hanno in comune l’ironia, una certa propensione al gioco di parole, una volontà precisa e netta di voler essere riconosciuti come presenze reali, reclamano per loro un attivo senso di partecipazione alla vita dei loro interlocutori, si credono e – in un certo senso – sono decisivi per il destino, per le scelte dei personaggi nel corso libro: la loro azione è tale che essi diventano fondamentali per descrivere e comprendere i futuri dei loro fratelli (Il passeggero come i FK è un romanzo di fratelli). 
Come ho sostenuto nelle pagine precedenti, durante la lettura dei FK, si ha l’impressione che i protagonisti siano posseduti dai sentimenti, dalle emozioni, le quali sono esterne, dissociate, staccate e lontane dai personaggi. Questa descrizione corrisponde all’immagine dei personaggi del romanzo come narrativamente degli schizofrenici: cercavo in qualche modo di trovare una spiegazione a questo fenomeno e l’ho trovata in Operatori e cose. Confessioni di una schizofrenica di Barbara O’Brein (Adelphi, trad. M.Baiocchi). Questo sentirsi posseduti da qualcosa che è estraneo eppure verissimo, concreto, presente, reale e visibile è tipico dello schizofrenico, che vive una realtà  altra, nuova, diversa e paranoica in quanto essa è misura e idea di ciò che la sua mente crede sia la verità. 
Alicia ne Il passeggero, dopo un’iniziale titubanza, non mette mai in dubbio l’esistenza di The Kid, anzi diventa un medium di guardare il mondo ed i loro dialoghi diventano veri e proprie ricapitolazioni sul mondo e sul possibile tentativo di spiegarlo. Qualcosa di simile avviene nel dialogo tra Ivan e il suo operatore; a livello narrativo, ciò che avviene tra Ivan e il suo diavoletto domestico è sintomatico di tutti i personaggi dei FK, quasi che il mondo in cui vivono fosse un ampio delirio paranoico. 
Nel saggio Paranoia (Bollati&Boringhieri) Zoia scrive: «Il paranoico è spesso convincente, addirittura carismatico. In lui il delirio non è direttamente riconoscibile. Incapace di sguardo interiore, parte dalla certezza granitica che ogni male vada attribuito agli altri. La sua logica nascosta procede invertendo le cause, senza smarrire però l’apparenza della ragione». Nei personaggi dei FK tale movimento è visibile in diverse pagine, anche se in D esiste una sfumatura particolare rispetto all’idea di alterità: nei romanzi di D, e in particolare in FK, l’altro è assunto come capro espiatorio, è la possibilità di dare la colpa, sgravandosi della propria. Nel delirio paranoico di Ivan l’altro diventa il demonio, che diventa Smerdjakov. I personaggi dei FK vogliono trovare (e li inventano se non ci sono) degli operatori: la loro stessa malattia (il dubbio? la mancanza di fede?, la ‘russità’?, la vastità della vita e la piccolezza dell’uomo?) produce in loro questa spasmodica ricerca dell’altro come l’elemento paranoico, sia esso Dio, il diavoletto, il nichilismo, per cercare una spiegazione diversa al mondo così come è. Il più immune a questa paranoia è ancora una volta Dimitri: egli è il balordo, ma è quello più deciso pronto ad accettare la vita per ciò che è e non per ciò che gli “operatori” dicono sia. 
I FK, come ogni classico che si rispetti (non è necessario neppure far riferimento alle tesi di Calvino), continuano a parlarci; certo, come ci ha ricordato Nabokov D non è un profeta, ma di certo ha intravisto qualcosa di questo nostro mondo, ovvero ciò che è diventato il reale nucleo narrativo della attuale modernità: la paranoia – il tentativo costante e continuo di produrre immaginazioni, narrazioni, costruzioni di senso che giustifichino le nostre sconfitte, le nostre brutalità, le nostre cattiverie.