di Ilaria Orzo
Come tutti i premi che si rispettino, anche il Premio Strega ha una sua giuria, un gruppo di persone che legge i libri in gara, esprime un giudizio su di essi e decreta il vincitore del concorso: stiamo parlando degli Amici della Domenica, nel cui elenco figurano ogni anno nomi di un certo calibro nel panorama editoriale e letterario italiano.
Quello che tutti non sanno, però, è che questa giuria ha dietro di sé una storia particolarmente significativa, che ne aumenta il valore simbolico e la valenza storica. Per provare a raccontarvela, partiamo dalle ormai famose parole della fondatrice del Premio, Maria Bellonci, che si pronunciò così: Cominciarono, nell’inverno e nella primavera 1944, a radunarsi amici, giornalisti, scrittori, artisti, letterati, gente di ogni partito unita nella partecipazione di un tema doloroso nel presente e incerto nel futuro. Poi, dopo il 4 giugno, finito l’incubo, gli amici continuarono a venire: è proprio un tentativo di ritrovarsi untiti per far fronte alla disperazione e alla dispersione. Prendiamo tutti coraggio da questo sentirci insieme. Spero che sarà per ognuno un vivido affettuoso ricordo.
Da queste parole, si evincono due fatti particolarmente significativi.
Il primo è che le riunioni di questo gruppo di letterati – alla prima erano presenti Massimo Bontempelli, Guido Piovene, Carlo Bernari, Paola Masino, Paolo Monelli, Palma Bucarelli e Alberto Savinio – nascono con un intento salvifico: si sentiva, allora, la necessità di trovare risposte e pace dopo i tumulti della guerra; si pensò che il confronto, il ragionare insieme e il mettere nero su bianco potessero aiutare a placare gli animi in subbuglio e a razionalizzare quanto accaduto negli anni precedenti.
Il secondo è che non è vero che gli Amici della Domenica sono una conseguenza del Premio Strega, ma è vero il contrario. La prima edizione del Premio, infatti, si svolse nel 1947, ben tre anni dopo la prima riunione dei letterati, il cui appuntamento fisso divenne, appunto, la domenica. E questo, forse, proprio perché, per poter tornare a legittimarsi, la letteratura aveva prima bisogno di ritrovare il modo giusto per potersi esprimere, senza farsi schiacciare dalla brutalità degli eventi.
Con il tempo e la trasformazione effettiva degli Amici della Domenica in giuria del Premio Strega, il gruppo si è andato via via allargando. Ad oggi, ogni anno sono più di 400 le personalità che vengono chiamate prima di tutto a proporre i libri candidati e poi a giudicarli, selezionandone prima 12, poi 5, poi 1.
Ma cosa significa davvero far parte di questa giuria? Quali sono gli oneri, gli onori? Ce lo siamo fatti raccontare da Giulia Ciarapica, da qualche anno Amica della Domenica, ma prima di tutto book blogger, critica letteraria e scrittrice.
1. Cosa significa, per te, essere un’Amica della Domenica? Quanto c’è di responsabilità e quanto di entusiasmo da lettrice?
Di sicuro è stato qualcosa di inaspettato, quando l’ho scoperto qualche anno fa. Ho sempre seguito il Premio Strega da “fuori”, come tutti ovviamente, e pensare ora di poter dare un piccolo contributo col mio voto (o con la proposta di un testo) mi pare molto bello. Di sicuro ci si sente responsabili delle scelte fatte, ma è pur vero che gli Amici della Domenica sono molti, e quindi il proprio voto va a sommarsi a quello di tante altre persone. Ci si divide la responsabilità, insomma. Detto questo, resta tutto l’entusiasmo di lettrice, di autrice e di persona che ormai da un po’ lavora a contatto con il mondo dell’editoria.
2. È uscito da qualche mese il tuo terzo libro, “Chi dà luce rischia il buio”. Ti piacerebbe, un giorno, concorrere al Premio in quanto scrittrice, mettendo da parte, per una volta, il ruolo di amica della domenica?
In questo momento ti direi di no, ma solo perché non mi sento all’altezza né pronta, e forse non lo sarò mai. Non ci penso proprio, a questa ipotesi. Credo che il ruolo di “concorrente” spetti a chi ne sa più di me, gente con talento probabilmente più radicato del mio. Non escludo evoluzioni future in tal senso, sia chiaro, ma ora come ora ti direi che sto benissimo così.
3. Torniamo un po’ indietro nel tempo. Quando hai deciso di voler condividere la tua passione per i libri con gli altri? Raccontaci come e perché tutto è cominciato!
Tutto è iniziato nel 2014, subito dopo la specializzazione in Filologia moderna all’Università di Macerata. Sapevo che volevo lavorare con le parole ma non capivo in che modo. Di andare ad insegnare non avevo voglia né testa, e così fu mia madre a suggerirmi di aprire un blog. Sono partita a luglio 2014 e nel giro di poco ho cominciato a collaborare col magazine Sololibri.net e poi con Ghigliottina.it. Dopo un paio di anni di assidua attività social e online, è arrivata la proposta di collaborazione dal quotidiano Il Messaggero, e dal 2016 in avanti anche tutto il resto. Il Foglio, Rizzoli, Cesati, fino ad arrivare alle realtà con cui collaboro strettamente anche oggi. Devo essere onesta, la mia formazione classica e analogica non mi ha permesso di entrare in contatto con i nuovi strumenti (intendo i social, così come il blog) con la facilità che probabilmente hanno avuto altri. Ho scoperto un mondo immergendoci direttamente le mani, non so se mi spiego. È stato bello e continua a esserlo, ma ammetto che la fatica di star dietro a tutto, alle continue evoluzioni dei social soprattutto, è tanta.