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Lo strano caso dell’invisibilità dello scrittore di fumetti: “L’Uomo con la faccia in ombra” – Tito Faraci (Feltrinelli Comics, 2022)

di Umberto Mentana

Era il 1983 quando Alfredo Castelli, dominus per eccellenza del fumetto seriale italiano portava in stampa con la collaborazione di Gianni Bono e Silver – il “papà” di Lupo Alberto – un agile manualetto intitolato emblematicamente Come si diventa autore di fumetti, allegato alla storica rivista Eureka della Editoriale Corno. In quelle snelle ma intense circa sessanta pagine veniva per la prima volta messo in chiaro un concetto che sembrava e tuttora sembra essere scontato ma che ancora non riesce a fare breccia nel lettore-fumettaro: dietro ad ogni storia a fumetti c’è qualcuno che scrive e sceneggia una storia, e non per forza questo qualcuno (o qualcuna) è capace o semplicemente non vuole e non è suo compito disegnarla! Castelli, onnivoro sceneggiatore e soggettista delle testate più note del fumetto seriale italiano, da Martin Mystére a tantissimi altri, non per ultimo Diabolik – di sua firma è infatti l’idea di base dell’inedita “trilogia” sceneggiata da Tito Faraci di cui è protagonista il “Re del Terrore” conclusasi proprio questo Novembre in occasione del sessantesimo compleanno del personaggio creato da Angela e Luciana Giussani –, nel suo libriccino dedicava finalmente spazio alla figura e al ruolo dello “scrittore per immagini”, anzi per vignette, cosa mai accaduta prima di allora nel panorama culturale italiano, arrivando appunto anche a proporre come trasformare un soggetto puramente letterario in un testo “atto ad essere illustrato”. Dicevo, ne sono passati decenni, e la lezione di Castelli-Bono-Silver, nonostante abbia aperto più di una porta è purtroppo tutt’oggi ancora per lo più confinata agli addetti ai lavori, ed è invece per riflesso lo stereotipo che vige e domina il microuniverso fumettistico: “Come dici, scrivi fumetti? Quindi sai disegnare!”, siamo ancora ben fissati a questo punto, anche se qualcosa si muove almeno per quanto riguarda la considerazione del fumetto su scala nazionale. Fenomeni letterari come Zero Calcare, Gipi, Fumetti Brutti e la triste nomenclatura che è stata affibbiata loro di “autori completi”, visto che sia scrivono che disegnano le loro storie (come se i “soli” disegnatori o sceneggiatori non fossero completati a loro volta) hanno per certi versi scardinato nel nostro territorio tanto indisponente sul fumetto quel sistema di analisi del medium fumettistico come letteratura di serie B –  roba che in Francia sarebbe impensabile, vista l’alta considerazione che ha sempre avuto la bande dessinnée – proprio per i contenuti profondi e stimolanti delle loro storie e assecondando l’assurdo compromesso della tanto dibattuta dicitura “Graphic Novel” per i loro libri, tanto comoda al mercato editoriale ma che sempre fumetto rimane (ricordatelo!). Perlomeno  oggigiorno non c’è libreria italiana che non abbia una sezione fumetto, nonostante siamo tradizionalmente il Paese di geni artistici riconosciuti unanimemente come Andrea Pazienza, Magnus, Milo Manara, Hugo Pratt; è decisamente un passo in avanti per quanto riguarda la divulgazione della Nona Arte ma il lettore è ancora lì, a dibattere che non ci può essere una figura professionale che si occupa solamente di scrivere la storia e di “metterla in scena” per poi consegnarla al disegnatore o alla disegnatrice di turno.

            Tito Faraci è sicuramente uno dei nomi più noti se parliamo di scrittura nell’ambito del fumetto, è un autore camaleontico, ci continua a portare quasi ogni mesi da ormai qualche decennio in universi su carta molto differenti tra loro, in storie ugualmente accattivanti che hanno in comune, solo apparentemente dietro le quinte, la firma de L’uomo con la faccia in ombra. Ed è infatti proprio questo il titolo dell’ultimo lavoro di Faraci per, possiamo definirla una major (aggiungo, finalmente!) Feltrinelli Comics, collana da lui stesso curata, e questa volta non è un fumetto ma qualcosa di meglio: è la posizione perfetta da cui spiare e osservare come effettivamente si fa un fumetto, ovvero come si scrive una storia per la Nona Arte, posizionando finalmente al centro e non più in “ombra” lo sceneggiatore di fumetti. Faraci è abile ed è un appassionante insegnante non restio a svelare i segreti del suo “metodo” di scrittura, ci racconta come delineare tutti gli aspetti della stesura di una storia per immagini in particolare per il fumetto seriale, dalla “forma” archetipica e anatomica alle definizioni e alle componenti di una visual grammar di base, così passando in rassegna la scelta delle inquadrature, la “recitazione” dei personaggi e consigli direttamente maturati da casa Diabolik, Dylan Dog, Tex e Topolino non mancando di presentarci integralmente alcune delle sue pagine di sceneggiatura. Il libro, accompagnandosi con le efficaci illustrazioni di Paolo Castaldi è una miscellanea, è un manuale e anche un’autobiografia dove l’esperienza non solo professionale ma anche interamente umana di Luca “Tito” Faraci si riflette nel suo metodo, nel suo sentire carnalmente quelle storie che noi tutti amiamo tanto leggere come ci racconta nell’incipit del libro: “Faccio fumetti per vivere. Mi piace dirlo. Non lo trovo svilente. Perché dovrebbe? Significa affermare un rapporto di intimità e necessità con il fumetto”, e noi tutti siamo grati a Tito per aver finalmente sviscerato con questo libro tramite tutte le sue sensibilità l’importanza dello sceneggiatore di fumetti…perché un fumetto non lo realizza solo chi sa disegnare, anzi!

Tito Faraci

L’uomo con la faccia in ombra

Feltrinelli Comics, 2022, pp. 224