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Gian Piero Brunetta su novant’anni del Festival del Cinema di Venezia – I parte

di Umberto Mentana

In occasione dei seminari di dottorato Film and Media Studies dell’a.a. 2022/2023 dell’Università degli Studi di Bari “A. Moro” a cura dei Proff. Federico Zecca, Angela Bianca Saponari e ricercatori Andrea Gelardi, Gabriele Landrini, ho avuto la possibilità di partecipare all’incontro con Gian Piero Brunetta (Università degli studi di Padova) che ha tenuto una vera e propria masterclass-presentazione della sua ultima pubblicazione dedicata ai Novant’anni del Festival del Cinema di Venezia per i tipi di Marsilio (https://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/2971504/la-mostra-internazionale-d-arte-cinematografica-di-venezia-1932-2022), un viaggio monumentale di oltre mille pagine tra ricerca storica, archivi e memorie da parte di uno dei più importanti storici del cinema attualmente viventi. 

Quello che segue è il resoconto dell’incontro, tenutosi online il 5 Maggio 2023.

“Questa monumentale storia della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (una coedizione La Biennale di Venezia – Marsilio), che vede la luce in concomitanza con le celebrazioni per il suo novantesimo anniversario e, in maniera un po’ paradossale, grazie alla lunga pausa indotta dal confinamento imposto dal perdurare della recente pandemia, è di gran lunga la riflessione più articolata, ampia ed esaustiva mai tentata sinora. Un tentativo di riordinare i ricordi, dare un senso compiuto all’infinità di suggestioni e stimoli suscitati dal susseguirsi implacabile e nondimeno caotico delle edizioni, riportare alla luce fatti, personaggi e soprattutto film di cui si era persa la memoria […] Un atto d’amore, infine, da parte di Gian Piero Brunetta che della Mostra è stato per moltissimi anni spettatore assiduo e, a tratti, protagonista: consapevole della grandezza dell’impresa avviata in quel lontano agosto di molti anni fa, […] Di certo, chiunque si accinga in futuro a ritentare l’impresa, non potrà non avere come punto di riferimento il lavoro, d’ora in avanti imprescindibile, di Gian Piero Brunetta”.

– Roberto Cicutto, Alberto Barbera, dalla Prefazione de La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 1932-2022.

    Il prossimo anno si festeggeranno i novant’anni della Mostra di Venezia e nessuno ne ha mai scritto.

Avrei sempre desiderato guidare un gruppo di laureandi nello scrivere questa storia e mobilitarli in vari archivi: non ci sono mai riuscito perché fino ai primi anni del Duemila l’archivio della Biennale era qualcosa di disastroso. Io ci ho lavorato per la Mostra “Cinetesori della Biennale” del 1996 e dopo aver realizzato questa retrospettiva, dopo aver visto tutti i film della Mostra, dopo aver avuto vari contatti con l’archivio, mi ero ripromesso che mai più sarei entrato negli archivi della Biennale, tanto erano disorganizzati e impossibili da consultare. Per fortuna le cose sono cambiate col tempo e, proprio durante il Covid, quando ero incerto sul parto o non parto, sul ‘chi me lo fa fare’ e così via, ho capito di aver fatto sempre passi più lunghi della mia gamba. Quando, ad esempio, ho scritto la Storia del Cinema Italiano non c’era niente di simile e sono andato in giro per gli archivi del mondo a cercare, a vedere i film muti e gli archivi dei rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Italia; quando ho pensato alla storia dello spettatore (Buio in sala. Cent’anni di passione dello spettatore cinematografico, Marsilio, Venezia 1997, ndr) nessuno si era mai avventurato in questo tipo di storie. Allo stesso modo, quando ho incominciato a viaggiare sulla storia dell’icononauta (Il viaggio dell’icononauta. Dalla camera oscura di Leonardo alla luce dei Lumière, Marsilio, Venezia 2009, ndr).

Quindi mi son detto: del tempo c’è, tutto è difficile, però proviamoci. Cos’ho di favorevole da parte mia? Ho tenuto numerosi corsi sulla Mostra del Cinema nel corso del tempo, ho scritto un sacco di articoli e saggi, quindi nell’insieme, salvo gli ultimi quindici anni, ne ho scritto e qualcosa ne ho detto. Infine, io sono lidense e sono cresciuto accanto alla Mostra con una casa a cinquecento metri da essa, e ad un certo punto della mia vita ho abbandonato il campo da calcio in spiaggia e ho cominciato ad entrarvi. I ragazzi lidensi per principio decidevano tutti insieme che si entrava gratuitamente alla Mostra, non si doveva pagare, e quindi con i miei amici ho incominciato a frequentare la Mostra dal ‘58. I primi momenti in cui ricordo di volervi entrare per vedere un film di Erich Von Stroheim erano prima dei miei diciott’anni, ma i primi veri ricordi incominciano nel ‘60 quando c’erano i film dei grandi registi italiani e, a seguire, le retrospettive. Dunque, dal Sessanta in poi ho cercato in tutti i modi e con tutti i mezzi di seguire tutto, proprio perché in quei quindici giorni la Mostra prendeva me ed alcuni miei compagni di scuola come una specie di febbre; facevamo anche un giornaletto locale in cui ci battevamo affinché la popolazione lidense fosse più coinvolta nella storia della Mostra. Quindi avevo un’esperienza personale di vari anni in cui avevo visto tutto, poi quaranta-quarantacinque anni di esperienza sulle retrospettive, ne scrivevo su Repubblica ma poi ho smesso.

Come mai ad un certo punto ho smesso di andare alla Mostra? Con gli attentati del 2005 sono comparse delle guardie armate sul tetto del casinò e la mostra si è militarizzata: questo non mi è più piaciuto, così come non mi è più piaciuto il fatto che per poter entrare dovevo passare, come negli aeroporti, attraverso le scannerizzazioni; in più, poco tempo dopo è stato praticato un buco per avviare la costruzione di un nuovo palazzo. Ci fu una gara tra architetti con la proclamazione di un vincitore, ma questo palazzo non è mai stato costruito perché una volta iniziati i lavori fu trovato dell’amianto, una quantità di amianto spaventosa che era poi l’amianto di cui tutti i lidensi erano a conoscenza, quell’amianto buttato dalle tettoie delle capanne di tutti gli stabilimenti dopo la grande alluvione del ‘66. E su questo fu strano che non ci fosse memoria, si doveva sapere, e perciò quando si è trovato l’amianto si vide che i costi di pulizia erano enormi e quindi per sette anni questo buco non venne chiuso.

Poi, il problema che si poneva era il seguente: io ne so poco del Festival di Venezia dal 2005 al 2020. Pensai che avrei potuto scrivere fino al 2000, fino alla nascita della Fondazione e poi finire rapidamente. Insomma, quando ho cominciato a pensare a questa storia ho iniziato a capire cosa possedessi di pratico, e di sicuro avevo nella mia memoria molto materiale: sapevo di avere raccolto – non sapevo in che misura – tanti ritagli di giornali degli anni Sessanta, sapevo che oltre ad averne scritto in varie sedi e aver seguito varie tesi, inclusa una tesi di dottorato di uno studente che dentro di me avevo eletto come ideale scrittore di questa storia con me affianco come guida. Lui fece un bel lavoro, però ha cercato di sistemare l’archivio nella fase ancora molto difficile in cui i materiali non erano ben schedati, quindi ha perso tanto tempo cercando di dare una mano nella sistemazione.