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Iconico: un pantheon di nuovi miti

di Carmen Rampino

6 maggio 2023: compleanno di C., su un bigliettino di auguri vi è scritto «Che la forza sia con te», un suo amico commenta in modo spontaneo e naturale: «Ah sì, la frase iconica di Guerre stellari».

24 maggio 2023: muore Tina Turner. L’addetta stampa della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, la definisce un’icona, «un’icona della musica che ha vissuto molti momenti incredibili nella sua carriera».

Due episodi diversi, uno di vita privata, l’altro di vita pubblica e, per quanto riferito prima ad una persona e poi ad una frase, l’aggettivo che compare in entrambi i contesti è lo stesso: iconico. Questo dimostra quanto pervasivo sia il suo uso. Iconico allude al sacro, al culto, alla fede. Ma cosa oggi è degno di devozione e di culto? Tante volte viene ripetuto, citando Lyotard, che il postmoderno ha segnato la fine delle grandi narrazioni. E questo sarà anche vero, ma siamo sicuri che il viscerale bisogno di creare dei miti e degli idoli sia scomparso? Questa esigenza o aspirazione a qualcosa di “altro” in realtà è un’urgenza del tutto umana a cui non è possibile rinunciare. È chiaro però che questo bisogno cambia, si estende e si indirizza verso nuovi soggetti, oggetti o feticci degni di culto. A questa impellente necessità risponde tutto ciò che oggi viene definito iconico. Sembra che si stia costruendo un nuovo pantheon che pare mettere in discussione la tradizione, ma che non fa altro che assecondare un bisogno ineliminabile. Quali sono, però, gli oggetti di culto di oggi?

Per capirlo si prenda in considerazione un autore che in maniera originale sfrutta e reinterpreta in modo alternativo tutto ciò che è considerabile iconico, cioè Zerocalcare. Attraverso le sue storie, per mezzo di un lavoro di autofiction, Rech crea un universo alternativo, parallelo al nostro, che però «mantiene tutta la durezza tagliente di quello reale» (Cocchi 2014, p. 223), in cui le sue opere (siano esse fumettistiche o d’animazione) ne sono i tasselli costitutivi. È un mondo ibrido e surreale, in cui realtà e fiction si compenetrano senza soluzione di continuità, creando delle intricate relazioni intertestuali (cfr. Ursini, 2018a, p. 4) e dando vita a una vera saga o, meglio, ad un epos, a tratti lirico, della quotidianità. Questo storyworld, continuamente interrotto da osservazioni metanarrative in cui il reale prende il sopravvento creando dei cortocircuiti, è un vero specchio in cui riflettersi.

Tale universo è abitato da un’ampia varietà di personaggi che crescono, cambiano, evolvono nei vari libri. Oltre al celebrearmadillo, compaiono personaggi di varia natura: quelli ritratti con fattezze reali, come l’alter ego dell’autore, Zerocalcare, o l’amico Secco; i personaggi zoomorfi come l’amico Cinghiale, ritratti con fattezze animalesche; infine figure nate dall’unione tra un ipotesto pop o scolastico a cui fanno riferimento e il personaggio reale che interpretano nella storia, come la presenza dolcissima di Lady Cocca. In quest’ultimo caso, come è ben noto, il bacino a cui l’autore attinge proviene da serie e film d’animazione, come Ken il guerriero, videogiochi, come Street Fighter 2, cinema, come Star Wars e Jurassic Park, serie tv, come Game of Thrones, e dalla realtà presente o storica, come Darwin, Pirandello, Margaret Thatcher, etc. Conta soffermarsi su quest’ultimo gruppo di personaggi, che alludono alla cultura pop o scolastica e che talvolta possono anche convertirsi in parti della coscienza del protagonista dando vita a vere e proprie psicomachie (cfr. Capoferro 2020, p. 163), perché in tutta la produzione questo è forse il più copioso e perché è quello che maggiormente ci aiuta a cogliere il senso di ciò che è definibile iconico e l’origine del nuovo pantheon di divinità a cui si alludeva pocanzi. In Un polpo alla gola, storia dalle tinte noir in tre tempi corrispondenti alla fase infantile, a quella adolescenziale e a quella presente, la coscienza bambina viene impersonata da David Gnomo, la coscienza dei sedici anni da Kurt Cobain, Joe Strummer e Che Guevara, e la coscienza dei ventotto anni dai tre porcellini. Inoltre, come si vedeva precedentemente, può anche capitare che in alcune storie per alludere a particolari aspetti e sensibilità della propria coscienza si utilizzino personaggi storici, come ne La profezia dell’armadillo,in cui ad esempio la sensibilità ambientalista che induce un conflitto interiore nel protagonista, che non sa se andare o meno a mangiare in fast food perché, tra le altre cose, contribuirebbero alla distruzione del pianeta e all’omologazione dei popoli, è interpretata dall’ambientalista indiana Vandana Shiva (Zerocalcare, 2017a). Questo personaggio, oltre le sue tre tavole, non comparirà più, ma il suo inserimento ha contribuito a rendere meno piatto e sicuramente più dinamico un continuo monologo interiore che si trasforma in dialogo. Se allarghiamo lo sguardo a tutta la produzione notiamo che ci sono momenti in cui come consigliere avrà Darwin (Zerocalcare 2017b, p. 37), altri Noam Chomsky (Zerocalcare 2020, pp. 10-20), altri Re Leonida di 300 (Zerocalcare 2017a), altri ancora Galileo Galilei (Zerocalcare 2015, p. 59), Marx (Zerocalcare 2019, p. 73) e tanti altri, che compaiono come dei brevissimi flash, creando un parodico effetto-sorpresa disorientante, in un pastiche apparentemente caotico, ma sapientemente ordinato per il lettore inserito in questa dimensione altra in cui, per l’appunto, c’è un continuum tra verità e finzione. Questo lavoro, la cui tecnica viene ripresa dal fumettista francese Boulet (cfr. Scarpa 2013, p. 74), ha un’utilità pratica, cioè descrivere i personaggi e la loro psicologia in uno spazio ridotto. Disegnare un personaggio in un certo modo che collettivamente viene associato ad un certo tratto caratteriale consente di essere subito comprensibili. L’autore lo conferma: «se io un personaggio te lo disegno come Dart Fener, non devo spiegarti: “guarda che lui in verità è cattivo ecc. ecc.”, tu lo percepirai subito come cattivo, nero, quindi questo lavoro sui personaggi mi faceva andare più in fretta nel racconto» (Scarpa 2013, p. 74). Questo vale moltissimo per le storie brevi del blog, ma anche per i libri di più ampio respiro. Non sempre, però viene usata la caratteristica che più spicca di un determinato personaggio di un film o serie, ma vengono sfruttati anche dei caratteri a cui non sono universalmente associati (cfr. Scarpa 2013, p. 73) o vengono utilizzati personaggi secondari. Sarebbe, infatti, ridondante adoperare staticamente dei tipi già creati e stereotipati. Qui, invece, avviene una traslazione in cui l’ipotesto assume nuova vita nel testo di arrivo. In questo caso l’esempio emblematico non può che essere il personaggio Julian Ross del cartone animato giapponese Holly e Benji, utilizzato in Macerie Prime e Macerie Prime – Sei mesi dopo. Questo diventa il simbolo del talento inespresso – «E mentre tutti i bambini si appassionavano ai due protagonisti, il nostro beniamino era un altro […] Julian Ross. Quello con la malattia cardiaca per cui, pure se era fortissimo, poteva giocare solo 10 minuti a partita, sennò infartava. “Il più grande talento inespresso del calcio giapponese”, dicevano» (Zerocalcare 2017b, pp. 86-87) – e vero e proprio protettore del protagonista e dei suoi amici, che regalano il biglietto con la sua faccia al matrimonio di uno di loro (Zerocalcare 2018a, p. 85). Se nell’anime Julian Ross era un personaggio secondario, qui finisce per acquisire nuovo potenziale narrativo lungo tutti e due i volumi di Macerie Prime e addirittura la sottotrama distopica, quella con le pagine nere, si risolve con la figura misteriosa che si muove nel mondo post-apocalittico che rivela di essere proprio Julian Ross (cfr. Zerocalcare 2918a, pp. 176-179). Queste metafore visive, metafore disegnate o, forse meglio, vere e proprie allegorie grafiche (cfr. Capoferro 2020, pp. 153-176), assumono un senso ben preciso in questo specifico contesto. Tali personaggi disegnati attraverso «visual and/or multimodal metaphors» (Ursini 2018, p. 4) creano delle relazioni intertestuali tra uno o più risorse e storie di Zerocalcare, creando un mondo narrativo in cui varie memorie autobiografiche e fonti culturali coesistono in un centro deittico esteso (cfr. Ursini 2018, pp. 6-7) e in un cui si salda una fitta rete a maglie strette tra fumetti e riferimenti esterni, un vero e proprio network coinvolgente. Dart Fener, Julian Ross, Re Leonida di 300, Il trono di spade e Jurassic Park, fino a Tina Turner e che la forza sia con te alludono precisamente al medesimo concetto di icona e al medesimo nuovo pantheon laico di totem da divinizzare. E nessuno è escluso, anche se si crede nella lotta al capitale. E questo lo dimostra lo stesso autore romano. È naturale, infatti, chiedersi che cosa ne resta della lotta al capitale in un autore che finisce per fare fortuna proprio sfruttando quei meccanismi prodotti dal capitalismo stesso. Ecco perché Maringelli si chiedeva cosa significasse avere un immaginario legato a film, serie tv, cartoni animati, videogiochi se ci si definisce anticapitalista. «Significa produrre, e sentirsi addosso, un continuo cortocircuito» (Maringelli 2015). Le merendine, i fast food, Netflix e le case editrici alludono a qualcosa che, nel bene o nel male, ci ha prodotti e ci costituisce, è inutile ipocritamente negarlo. Si può risolvere questo paradosso? No. L’autore non propone né la fuga verso un utopico mondo puro e incontaminato né il generico e banale “fa tutto schifo”. È proprio nel paradosso e nella contraddizione che si continua a vivere. La speranza può venire solo dalla collettività, ma la lacerazione, la frattura, la si continua a portare con sé senza nasconderla. Il fumettista continua a rimanere legato ad un mondo molto radicale, ma allo stesso tempo è «un autore mainstream, che può incidere sui media di massa e modificare le relazioni interne al mercato, non solo nello specifico del fumetto, ma in maniera crossmediale, dalla carta stampata al digitale alla televisione» (Bindi 2022, p. 62). E, almeno a livello tematico, non c’è schizofrenia tra le due parti, ma continuità. La radicalità viene mantenuta anche nel mainstream. Se, per esempio, realizza un manifesto per sostenere il blocco della vendita delle armi in Turchia (Zerocalcare 2018b, p. 59) che rappresenta un salvadanaio a forma di maialino con sopra impresse le bandiere dell’UE e dell’Italia che rimpinguano con le sue monete le armi turche, utilizzate poi per distruggere e creare disastri, nel libro che vende più di centomila copie non può che continuare a parlare di quanto l’impatto della Turchia sia deleterio sul gruppo dei curdi.

Eleonora Brandigi sostiene che

l’arma vincente di Zerocalcare è in assoluto l’idea di dipingere la sua generazione, di identificare, così facendo, un lettore tipo (un trentenne o più in generale chi è cresciuto negli anni ’80-’90) e, in perfetto stile amarcord, di proporgli un catalogo inesauribile di citazioni, dai fumetti alle serie tv, dai cartoni animati ai personaggi simbolo della propria infanzia. Il piacere del lettore si scatena nel momento in cui emerge l’imprinting della propria generazione, il rimosso torna presente e scatta l’innamoramento, ai limiti dell’assuefazione, per l’autore che è capace di provocare tale piacere. Ecco quindi la serie di cammei di Guerre stellari, Ken il guerriero, Mila e Shiro, Kurt Cubain (Brandigi 2020, p. 153).

Lo stesso innamoramento scatta ammirando i meravigliosi frames di un altro capolavoro molto recente, ossia il film d’animazione prodotto da Pixar Animation Studios del 2021, Luca,diretto da Enrico Casarosa. Il film, che vuole celebrare l’amicizia oltre le differenze e i pregiudizi, finisce per celebrare volutamente tutto ciò che il Bel Paese ha di iconico, tutti i meravigliosi cliché e i miti di un’Italia sognata più che realmente esistita o esistente, convertendosi però, anche in questo caso, in qualcosa di terribilmente necessario. Le Vespe, le 500, la riviera Ligure, Mastroianni, Pinocchio, Leonardo Da Vinci, la pasta, Roma, Calvino (come dimenticare che la piccola Giulia ha come cognome Marcovaldo e che a Portorosso c’è Piazza Calvino?), Visconti, La strada di Fellini, Vacanze Romane di William Wyler, La donna è mobile di Giuseppe Verdi, Viva la pappa col pomodoro di Rita Pavone, Andavo a cento all’ora di Gianni Morandi sono solo alcuni dei tantissimi riferimenti alla cultura italiana presenti. Ci si trova di fronte al culto e al trionfo del nazional-popolare. Potrebbe sembrare qualcosa di kitsch e di cattivo gusto, eppure lasciandosi trasportare dal susseguirsi di quelle immagini iconiche si scopre che si tratta di un piccolo capolavoro artistico e si prova anche una calda sensazione di comprensione e sana appartenenza.

Che le icone siano dei fenomeni di massa è, dunque, appurato. È bene, però, ricordare che i fenomeni di massa non sono certo, poi, una novità assoluta. E se è vero che sempre si è sentito il bisogno di storie di eroi ed eroine, di avventure, di poteri, di spade, ma anche di un epos che si fa progressivamente più quotidiano, il modo in cui esprimere questi bisogni nei secoli è cambiato. In fondo una saga cinematografica popolare come Star wars non è altro che una storia di cavalieri, spade, armature e amore, niente di troppo dissimile dal poema ariostesco. Oppure i celebri supereroi del cinema e del fumetto, spesso, sono ispirati ai protagonisti dei feuilleton ottocenteschi come I tre moschettieri o alle divinità della mitologia classica. Insomma, cambiano le forme, cambiano i mezzi, in parte cambiano i messaggi, ma vi è un nucleo di necessità e urgenza che rimane costante e permane, anche a distanza di secoli: è la base dei cosiddetti classici.

TESI CITATI.

Valerio Bindi, 2022, Il paradosso di Rebibbia, in Leggere Zerocalcare 2.0. Nuova guida ai fumetti di un antieroe, a cura di Laura Scarpa, Roma, ComicOut.

Eleonora Brandigi, 2020, La vittoria del graphic novel, in Il graphic novel. Un crossover per la modernità, a cura di Elisabetta Bacchereti, Federico Fastelli, Diego Salvadori, Firenze, Firenze University Press.

Riccardo Capoferro, 2020, Allegoria e racconto grafico: il caso di Zerocalcare, in «Aisthema», VII, num. 1.

Gaia Cocchi, 2015, Comix riot. Il Graphic novel come forma di arte politica, Roma, Bordeaux edizioni.

Claudio Maringelli, 2015, Zerocalcare: facilità interpretativa o appropriazione dei modelli?, in «Fumettologica», pubblicazione on line:

https://fumettologica.it/2015/11/zerocalcare-facilita-interpretativa-o-appropriazione-dei-modelli/.

Laura Scarpa, 2013, Zerocalcare. L’ascesa dell’Armadillo, dai centri sociali, ai blog, alle librerie. Come il fumetto intelligente può vincere, Roma, ComicOut.

Francesco Alessio Ursini, 2018, ´Alla ricerca dei Plumcake perduti´: visual metaphors, satire, and intertextuality in ZeroCalcare’s fumetti, in «Journal of Graphic Novels and Comics», 28 dicembre.

Zerocalcare, 2015, L’elenco telefonico degli accolli, Milano, BAO Publishing.

-, 2017a, La profezia dell’armadillo. Artist Edition, Milano, BAO Publishing.

-, 2017b, Macerie Prime, Milano, BAO Publishing.

., 2018a, Macerie Prime – Sei mesi dopo, Milano, BAO Publishing.

-, 2018b, Scavare fossati – nutrire coccodrilli, Milano, BAO Publishing.

-, 2019, La scuola di pizze in faccia del professor Calcare, Milano, BAO Publishing. -, 2020, Scheletri, Milano, BAO Publishing