di Raffaella Mottana
Negli ultimi anni si parla sempre più spesso di fan fiction, Wattpadd è una delle più grandi piattaforme su cui aspiranti scrittori possono pubblicare la loro storia. Il sito si rivolge direttamente agli utenti: “la tua storia potrebbe arrivare in libreria”[1]. E alcune di esse sono davvero arrivate in libreria, diventando anche casi di successo.
Cosa viene a modificarsi in quel campo che noi chiamiamo letteratura, la pubblicazione di queste fan fiction? In che modo è in relazione con la ricrittura?
Iniziamo mettendo le definizioni a confronto: per riscrittura si intende “l’azione e l’operazione di riscrivere”[2] mentre con fan fiction parliamo di “opera narrativa [fiction] di ammiratori [fan]”[3].
Ora possiamo notare una strana discrasia: un autore che riscrive un’opera si può considerare un ammiratore della stessa, ugualmente chi scrive fan fiction. Simile è il prodotto finale, in entrambi i casi, un testo. Se proprio dobbiamo osservare una differenza, essa sta che quasi tutte le riscritture diventano un libro mentre la maggioranza delle fan fiction rimane sul web.
Accade, però, in alcuni casi, che la fan fiction esca dalla rete e approdi in libreria; sono proprio questi fenomeni che vogliamo qui interrogare per vedere quale sia la reale differenza tra ri-scrittura e fan fiction.
Negli ultimi anni ne sono state pubblicate alcune: Cinquanta sfumature di grigio di E. L. James nel 2011 (ex fan fiction di Twilight di Stephanie Meyer), After di Anna Toddnel 2014(ex fan fiction sulla band One direction), per citarne solo un paio. È interessante notare come questi esempi sono sì tratti da un’opera originale ma non conservano niente o quasi che rimandi a essa – forse perché non l’avevano di partenza – e sono a sé stanti, tanto che non troverete pubblicizzato che siano state tratte da un altro romanzo.
Sono un’anomalia e quindi interessanti perché non si possono considerare fan fiction e non sono riscritture.
Diverso è il caso delle riscritture che si presentano in quanto tali: come prima cosa non c’è lo step intermedio della pubblicazione sul web e, in secondo luogo, hanno nel titolo o nel sottotitolo qualcosa che rimanda all’opera originale: il nome della stessa o di un personaggio conosciuto. Omero, l’Iliade di Alessandro Baricco; Elena, Elena, amore mio di Luciano de Crescenzo; L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre di Marilù Oliva; Il canto di Penelope di Margareth Atwood.
Se i canoni per essere riscrittura dovessero essere solo un rimando, esplicito o meno, a un’opera originale e la pubblicazione in forma di libro, allora anche La canzone di Achille di Madeline Miller dovrebbe essere una riscrittura. Non penso si possa considerarsi tale, invece rientra perfettamente nella definizione di fan fiction.
Per far capire il motivo vorrei metterla a confronto con Il canto di Penelope di Margareth Atwood. Ha poca importanza che una riguardi l’Iliade e l’altra l’Odissea, sono apparentemente molto simili e vale la pena metterle a confronto.
Nel caso della Canzone d’Achille, abbiamo una prima persona – Patroclo – che racconta se stesso, la sua infanzia e adolescenza, l’amore per Achille e la guerra di Troia; nel Canto di Penelope abbiamo una prima persona – appunto, Penelope, – che racconta se stessa, la sua infanzia e adolescenza, il matrimonio con Odisseo, l’attesa e il suo ritorno, il tutto intervallato dal coro – omaggio a quello presente nella tragedia greca – composto da dodici ancelle.
La differenza principale – oltre la presenza del coro ovviamente – è lo spazio dato alla storia d’amore e com’è trattata.
Nel romanzo della Miller non è la storia d’amore che fa da sfondo alla vicenda, ma il contrario. Questo genera una piattezza che coinvolge non sono la vicenda – che è penalizzata dal trovarsi, appunto, di contorno – ma anche i personaggi stessi; quelli secondari perché non gli viene dato il giusto spessore e quelli principali perché sono l’uno lo specchio dell’altro e hanno sviluppo.
È evidente guardando come Patroclo parla di Achille.
Quando le sue dita iniziarono a toccare le corde, tutti i pensieri mi sfuggirono. Il suono era puro e dolce come acqua, brillante come limoni. Quella musica era diversa da qualsiasi altra avessi mai sentito. Aveva il calore di un fuoco, la consistenza dell’avorio levigato. Placava e confortava allo stesso tempo. Mentre suonava, qualche capello gli ricadde sugli occhi. Erano sottili come le corde della lira, e splendevano.
Achille tornò a dedicarsi alle corde, e la musica si levò di nuovo. Questa volta, l’accompagnò col canto, intrecciando la sua voce ricca e chiara alle note. Tirò lievemente indietro la testa, mostrando la gola, soffice come la pelle di un cerbiatto. Un piccolo sorriso gli sollevò l’angolo sinistro della bocca. Senza rendermene conto, mi ritrovai a sporgermi in avanti.
La musica e il canto sono descritti con aggettivi che, in realtà, ci parlano di com’è Achille: è lui che è puro e dolce, brillante, che ha il calore del fuoco…
Achille è perfetto e intoccabile, nel corso del romanzo viene ricordato più volte da Patroclo, che sembra esistere per glorificare e pontificarci la sua bellezza e bravura. Allo stesso tempo di lui sappiamo più che cosa non è e cosa non fa rispetto a chi è e come agisce: non è un figlio degno per suo padre, non pare avere talenti, non suona, non combatte. Eppure, quando il padre di Achille gli chiede perché l’ha scelto come compagno, lui risponde che Patroclo «È sorprendente».
Non spiega perché, ma quello che fa intendere è che Achille veda Patroclo nello stesso modo in cui Patroclo vede Achille: lo ama e lo reputa perfetto così come l’altro lo adora e vede perfetto lui.
È un cane che si morde la coda e, quando le vicende della guerra vengono descritte – troppo tardi nella narrazione aggiungerei – non sono forti abbastanza da riequilibrare la storia d’amore.
Una storia è fatta delle sue relazioni, non solo quelle tra i protagonisti – innamorati o meno che siano – ma tra tutti: è questo che le permette di “respirare”.
Proprio questa sensazione di tornare a respirare l’ho avuta leggendo Il canto di Penelope dopo aver finito La canzone d’Achille. La Atwood descrive una Penelope a tutto tondo, che vive delle sue relazioni con gli altri personaggi, i genitori, la cugina Elena, le ancelle e Odisseo. Le scene tra i due hanno meno spazio di quelle che Achille e Patroclo condividono nel libro della Miller, eppure – e forse appunto per questo – risultano molto vivide.
Elena dice che Penelope e Odisseo sono perfetti insieme, perché «hanno tutti e due le gambe corte».
Nel contesto questa è una cattiveria, così viene percepita da Penelope, ma da lettori si noti come la Atwood metta già Penelope e Odisseo sullo stesso piano. Le gambe corte sono proprie della bugie, di Odisseo si sa che è un ingannatore, è interessante come anche al personaggio di Penelope sia data questa chiave di lettura, così diversa da quella che si è abituati ad attribuirle. Non è più la moglie fedele che aspetta il ritorno del marito mentre tesse ma la donna che escogita un piano per ingannare i proci.
Penelope, a differenza di Patroclo, è da subito percepita come un personaggio attivo.
Nel rapporto tra Penelope e Odisseo c’è una progressione: lei viene a tutti gli effetti vinta per essere data in sposa, dice che gli viene consegnata come «un pacco di carne».
Odisseo però con lei si mostra gentile, la coinvolge i un piano perché, durante la prima notte di nozze, gli ospiti fuori dalla porta li lascino in pace.
Era uno dei suoi grandi segreti la capacità di persuasione, riusciva sempre a convincere un altro che si trovavano entrambi di fronte a un ostacolo comune, e che solo unendo le forze lo avrebbero superato.
Durante la notte gli sposi parlano, si scambiano racconti che li portano ad avvicinarsi, tanto che Penelope sente di avere qualcosa in comune con suo marito e che è «una ragione in più per restare uniti e non essere troppo pronti a fidarci degli altri».
E così, il mattino seguente, io e Odisseo eravamo davvero amici, come lui mi aveva promesso. Posso dirlo anche in un altro modo: mi ero accorta di provare una vera amicizia per Odisseo – o qualcosa di più, un vero amore, una vera passione – e lui si comportava come se ricambiasse i miei sentimenti. Non è esattamente lo stesso.
Penelope racconta di sé e dei suoi rapporti con chi la circonda, che sono anche conflittuali, non solo ovviamente con i pretendenti che usurpano casa di Odisseo, ma anche con chi dovrebbe essere dalla sua parte: la madre e la balia di Odisseo, il suo stesso figlio.
Questi piccoli conflitti non solo ci danno l’idea di personaggi “vivi” ma contribuiscono a far muovere la storia.
È appunto il cambiamento nei rapporti, il loro sviluppo e quanto essi sono radicati nella storia che rende dinamica la vicenda; quando invece si hanno due personaggi con un rapporto invariato, inseriti in un contesto abbozzato, la storia risulta piatta.
La canzone d’Achille potrebbe essere ambientata durante qualsiasi altra guerra, poco o niente cambierebbe nei personaggi e nelle loro relazioni. Al contrario è difficile separare Il canto di Penelope dall’Odissea, le radici che affonda nel poema omerico sono solide.
L’interesse per la storia d’amore, alla quale tutte le vicende ruotano intorno e devono sottostare, è sia uno dei maggiori segni che quello che si sta leggendo è una fan fiction, mentre la riscrittura è qualcosa che guarda con un occhio nuovo alla storia originale, ma allo stesso tempo ne riporta l’anima.
[1] https://www.wattpad.com/?locale=it_IT
[2] https://www.treccani.it/vocabolario/riscrittura/
[3]https://www.treccani.it/vocabolario/fanfiction/#:~:text=%C2%ABopera%20narrativa%20%5Bfiction%5D%20di,la%20singola%20storia%20si%20ispira.